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Expo2015, parola d'ordine: flessibilità

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Irene Nanni

società

Ironia della sorte o accanimento terapeutico pianificato, la grande manifestazione fieristica milanese sarà suo malgrado più incline, il 1° maggio prossimo, a celebrare il modello sociale della precariètà piuttosto che la festa dei diritti dei lavoratori italiani.

L'inaugurazione di Expo Milano 2015 è alle porte. Ecco in numeri dell’importante e atteso evento internazionale: un costo totale di 1,35 miliardi di euro, un’area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, più di 147 Paesi e Organizzazioni internazionali coinvolti, 184 giorni di fiera ed eventi, oltre 20 milioni di visitatori attesi, 7.500 volontari e 1 milione e 154.000 euro destinati – sono notizie recenti – ad «allestimenti di quinte di camouflage» che serviranno a nascondere ai visitatori le opere non finite.

A tali cifre si aggiungano un tema suggestivo con tanto di divisa etica – «Nutrire il pianeta, energia per la vita» – promosso da sponsor controversi (Coca Cola e McDonald’s), scandali per corruzione, ritardi di varia natura nella consegna dei lavori e un intero sistema impiegatizio votato alla precarietà.

In un Paese con una disoccupazione giovanile al 42,6%, il bilancio sull’indotto generato dall’Expo in termini di lavoro è in effetti particolarmente pesante. La promessa della creazione dei migliaia di posti di lavoro che l’evento fieristico avrebbe dovuto produrre non è stata mantenuta. Alla fine della fiera, è proprio il caso di dirlo, Expo 2015 avrà generato poco lavoro (nel migliore dei casi precario, nel peggiore gratuito) e non poche perplessità.

Lavora con noi (gratis)

«Coltiva la tua personalità, condividi i tuoi interessi, diventa protagonista di Expo Milano 2015, l’evento che per 184 giorni catalizzerà l’attenzione del mondo su Milano e sull’Italia. Un evento che è anche un’opportunità di crescita professionale e di formazione», si legge nella pagina ufficiale dell’Expo, sezione "Lavora con noi".

Il Programma Volontari per Expo 2015, gestito operativamente dal Ciessevi (Centro servizi per il volontariato della città metropolitana di Milano) e da Csvnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato), è – dichiara la società Expo 2015 SpA: «il vero social network dell'anno». Un evento capace di fare dell'esposizione internazionale una manifestazione cittadina e partecipativa che sarebbe appunto investita del «mandato di coinvolgere i cittadini garantendo la partecipazione attiva anche tramite forme di volontariato. Ogni singolo cittadino e le Associazioni di Volontariato sono i protagonisti di questo Programma ed è per questo che Expo Milano 2015 intende fin da subito coinvolgere le organizzazioni e offrire a tutti l’occasione di candidarsi. La rete dei Centri Servizio per il Volontariato è al nostro fianco in questa avventura», si legge ancora sul sito ufficiale.

La campagna di reclutamento di Expo 2015, facendo leva su un presunto sentimento di appartenenza a una comunità giovane, internazionale, dinamica, sarebbe dunque in grado di rispondere a una missione collettiva portatrice di valori e risulterebbe persuasiva: «Entra a far parte di una squadra composta da professionisti e manager con esperienza nazionale e internazionale, che affrontano tutti la stessa sfida: creare valore per la nostra comunità, il nostro sistema, il nostro Paese e per l’intero pianeta! ». Ma funziona davvero?

Ecco un identikit del volontario medio che avrebbe, secondo Vita no Profit, aderito al progetto Expo: «Giovane, con un'età media di 27 anni, italiano e con in tasca una laurea o un diploma di scuola media superiore e per lo più alla prima esperienza nel mondo del volontariato». Una cosa è certa: le facce sorridenti che aprono la campagna di reclutamento in rete della società Expo SpA nascondono una decisamente meno ridente realtà, quella del lavoro gratuito.

Ma tu lavoreresti gratis?

Facciamo un passo indietro. Il ricorso a una forza lavoro di volontari è regolamentato dall'intesa sul lavoro siglata il 23 luglio 2013 tra i sindacati confederali e di categoria (Cgil, Cisl e Uil), il Comune di Milano e la società Expo.

Tale accordo prevedeva un migliaio di apprendisti (dai 7 ai 12 mesi), 350 lavoratori under 25 impegnati in percorsi formativi al termine dei quali ottenere la loro la qualifica di operatori, specialisti o tecnici di gestione, 300 lavoratori con contratto a termine per ruoli di supporto e segreteria, 195 stagisti (con rimborso spese al netto di 516 euro al mese) e il ricorso a 18.500 volontari. Prevedeva anche che questi ultimi, ai quali non andrà nessun rimborso spese (tranne dei buoni pasto), fossero suddivisi in gruppi da 500, impiegati per cinque ore lavorative al giorno e distribuiti nel tempo in modo da coprire l’intera durata dell’evento.

Ora, la società Expo spa non è un ente solidaristico. Come giustificare un numero così alto di prestazioni “lavorative” di tipo volontario? Impresa difficile, soprattutto se si considera la patente sproporzione esistente tra lavoratori sotto contratto, e quindi remunerati, e “volontari” impiegati à titolo gratuito dalla fiera.

Il numero dei volontari sarà poi nel tempo drasticamente ridotto, più che dimezzato, fino ad arrivare a 7.500 volontari, selezionati o da selezionare tra ben 12.000 aspiranti, che opereranno all'interno dell'Esposizione universale di Milano. «Dal twitter ufficiale Expo 2015 assicurano che il numero dei volontari è stato ridotto a 10.000, 7.000 dei quali saranno impegnati fino a 14 giorni. La ragione del ridimensionamento dei numeri non è stata spiegata, forse si teme che i volontari chiamati a lavorare gratis non rispondano con l’entusiasmo auspicato all’inizio», scriveva ironico Roberto Ciccarelli sul Manifesto, il 29 maggio 2014.

Quando Expo arriva…

Non basteranno dunque gli scandali per corruzione, i maxi­sequestri e le accuse – gravissime – d’infiltrazione della ‘ndrangheta a degradare l’immagine dell’Expo milanese. La società Expo 2015 è oggi accusata di violazione della legge quadro del 1991 sul volontariato e della legge che vieta l’interposizione illecita di manodopera.

Il Forum Diritti Lavoro, un’associazione con sede a Roma che indaga sulla questione e che ha indetto l’azione legale, denuncia a gran voce l’intesa intersindacale del 23 luglio 2013: «L’incredibile accordo sindacale sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil viola leggi e contratti sul piano salariale, normativo, contributivo, su quello della sicurezza del lavoro».

In un clima sociale di patente tensione, associazioni, militanti, iniziative personali e collettive, pagine Facebook, hashtag di varia natura (#‎iononlavorogratisperexpo‬, #NOEXPO‪) levano una voce di protesta attraverso la rete e nelle piazze italiane. Grazie all’impegno civile di molti, le pratiche di dubbia natura generate dal complesso Expo sono sotto i riflettori della stampa nazionale e dell’opinione pubblica… che ha deciso di reagire.

Dal canto loro, interrogate sulla loro posizione contestataria, le associazioni non hanno esitato a rispondore. «Expo non è solo debito, cemento, precarietà, mafie, spartizione, poteri speciali. È corruzione culturale, sociale, politica, ideologica», dichiara OffTopic, laboratorio di dibattito e progettazione milanese. «Per noi opporsi a Expo significa opporsi a un modello socio-economico di sfruttamento (…). Proprio a noi (alla nostra generazione), viene chiesto di lavorare gratis e di regalare la nostra forza-lavoro a Expo 2015 e al malaffare mafioso che lo gestisce», dichiara NoExpo.org.

Roberto Ciccarelli scriveva per Il Manifesto lo scorso 29 maggio 2014: «Metti il lavoro gratis di 18.500 mila giovani e studenti volontari, mentre la magistratura indaga su un giro di mazzette milionarie, arresta imprenditori e lobbisti e avrai un grande evento: l’Expo a Milano». Come dargli torto.

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