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Energia e trasporti separati in casa: la Commissione ci prova

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Politica

In materia di gas e elettricità la Commissione Europea vuole separare il mercato della produzione da quello del trasporto. Per evitare concentrazioni. Ma otto membri si oppongono.

Le discussioni sulla separazione proprietaria delle attività di produzione e di trasporto dell’energia continuano ad agitare l'Unione europea. Insoddisfatti delle proposte avanzate dalla Commissione lo scorso settembre, otto Stati “dissidenti” hanno elaborato soluzioni autonome, che hanno presentato il 24 gennaio 2008.

La pietra dello scandalo è il terzo pacchetto sull’energia, presentato dalla Commissione il 19 settembre 2007. Questo testo presenta una serie di misure volte al rafforzamento dell’integrazione del mercato interno europeo del gas e dell’elettricità. La Commissione vuole promuovere e garantire l'efficienza energetica e un mercato concorrenziale, in modo tale che anche le imprese più piccole – quelle soprattutto che investono in fonti di energia rinnovabili – abbiano accesso al mercato.

Andris Piebalgs, il Commissario europeo per l’energia, vede in queste negoziazioni una «risposta efficace e definitiva» alla debolezza dei mercati.

Tra le misure previste dal pacchetto c'è una "clausola Gazprom", destinata a prevenire l’acquisizione di fette di mercato, sia energetico che del trasporto, da parte di imprese non Ue.

Al centro della polemica: i trasporti

Essenziali per il buon funzionamento del mercato energetico, le attività di trasporto del gas e dell’elettricità devono essere moderne e sicure.

Questa è la condizione sine qua non affinché l’offerta energetica possa rispondere alla domanda.

Ciononostante le imprese sembrano tentate di ridurre gli investimenti sulle infrastrutture, cosa che limita, nei fatti, la capacità del mercato di accogliere nuovi agenti. Questa politica, infatti, continua a favorire la produzione di energia a livello locale, a discapito di nuovi attori, siano essi stranieri o no.

Questa è proprio una delle conseguenze che la Commissione vuole evitare. Per questo motivo propone un progetto unico, su scala europea, che obblighi le grandi compagnie a liberarsi dei loro costi attivi di trasporto al fine di separarli dalle attività di produzione, oppure di conservare la proprietà di tali attività, ma cedendone la gestione ad un operatore indipendente.

Verso una terza via?

Ma otto Stati membri (Lussemburgo, Lettonia, Slovacchia, Polonia, Austria, Bulgaria, Grecia, Francia e Germania) si sono opposti a queste disposizioni. A questo proposito hanno proposto una soluzione «concreta e credibile», in una lettera comune indirizzata alla commissione il 29 gennaio scorso.

Essi propongono un' alternativa all’abbandono puro e semplice degli attivi di trasporto: si tratterebbe, anche se per il momento il concetto non è chiaro, di una gestione mediata del processo di separazione, con un ente autonomo che fissi delle regole per l'accesso al mercato energetico e agli investimenti. Nessuno ha ancora capito in cosa questa opzione differisca da quella proposta dalla Commissione.

Per i suoi sostenitori, questa “terza via” dovrebbe permettere di raggiungere in maniera più efficace gli obiettivi di liberalizzazione senza intaccare i diritti fondamentali delle imprese, le quali manterrebbero così il pieno controllo sui propri beni.

Andris Piebalgs, dal canto suo, non la considera affatto una «alternativa credibile», a meno che non si riesca a garantire una effettiva indipendenza delle imprese che gestiscono i trasporti.

Contribuendo al dibattito, alcuni industriali fanno notare che il mercato ha bisogno di un «separazione reale», e che questa terza via non è percorribile a meno che non riesca a dimostrarsi «veramente efficace e applicabile», come precisa Mathias Kurth, presidente della Bundesnetzagentur, l’Agenzia Nazionale per l’energia tedesca.

Foto nel testo: PacoQT/Flickr)

Translated from Energie en Europe : la question du découplage