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Economia: quelle riforme incompiute

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La PAC ha causato solo guai. E la Strategia di Lisbona stenta a partire. Il bilancio di Prodi in economia pare magro. Ma è pur vero che...

La Commissione Prodi è stata forse la più “politica” nell’esperienza dell’Unione Europea: quella cioè che, più di ogni altra, ha cercato di ridefinire il proprio ruolo nell’architettura istituzionale comunitaria. Lo scopo di Prodi – ben illustrato dalla sua Costituzione, battezzata Penelope– era chiaro: contribuire a plasmare delle regole del gioco che conferissero alla Commissione i compiti propri di un esecutivo transnazionale.

Lungimiranza di Prodi

Il progetto era ambizioso e, forse, troppo in anticipo sui tempi, ma va riconosciuta a Prodi un’indiscutibile visione politica a medio-lungo termine. Anche se, purtroppo, all’ampiezza della visione, non ha corrisposto pari realismo politico, riducendo spesso la Commissione ad un mero ruolo di Cerbero delle regole comunitarie. In ogni caso il risultato è magro: nonostante Prodi, la bozza di trattato costituzionale che esce dalla fucina della Convenzione e che i Capi di Stato e di governo dovrebbero approvare, con qualche modifica, al vertice di Dublino del 17 giugno, non è soddisfacente. Ponendo il Consiglio al centro della vita politica dell’UE, perpetua di fatto il deficit democratico delle istituzioni e alimenta la disaffezione fra i cittadini europei.

Strategia o fallimento di Lisbona?

Ma come si è contraddistinta la Commissione in un’ambito – quello economico – che le conferisce già una più ampia libertà d’azione?

Prendiamo la Strategia di Lisbona, che prevedeva di fare dell’Ue l’economia più dinamica del mondo nel 2010. Alla luce dei recenti sviluppi, questo obiettivo pare espressione infantile più che una seria proposta economico-politica. Prendere sul serio obiettivi così ambiziosi è impossibile perché, in Europa, manca la volontà politica necessaria a realizzarli. Risultato: l’Unione continua a perdere credibilità.

Intanto, Cina e India hanno tassi di crescita del PIL che ruotano attorno al 10% con circa 2 miliardi di abitanti; gli USA sfiorano il 4.5% grazie prevalentemente allo sviluppo dei settori avanzati; e il sud-est asiatico non è da meno. Non solo. In tutti questi paesi la disoccupazione è in netto calo. Insomma, quel che in Europa è progetto, negli USA è già realtà e l’Asia sta spingendo prepotentemente in quella direzione.

Il buco nero della PAC

L’UE ha bisogno di riforme in moltissimi settori, dall’agricoltura alla finanza, alla ricerca di base e applicata; e di tutti quello agricolo presenta le conseguenze negative più immediate. La Politica Agricola Comune (PAC), infatti, comporta una chiara distorsione delle strutture interne del mercato europeo, comporta incentivi sbagliati alla produzione, e mantiene alto il prezzo dei beni agricoli. Ciò si riflette sul tasso di inflazione europea e, di conseguenza, ha un impatto negativo sulla percezione dell’Euro, ingiustamente considerato responsabile del balzo dell’inflazione, mentre la responsabilità andrebbe individuata nelle inefficienze di vari settori iperprotetti che non sono stati oggetto di riforme orientate al mercato.

Ma la difesa della PAC non ha solo effetti interni. Sul piano esterno, è anche per difendere la PAC che la Commissione – allineandosi così al protezionismo USA – ha contribuito al fallimento del negoziati del WTO a Cancún che avrebbero potuto contribuire ad aiutare i paesi in via di sviluppo ad aumentare le proprie esportazioni e i consumatori dei paesi avanzati ad acquistare gli stessi beni a prezzi piu’ bassi. Gli effetti negativi della PAC si fanno sentire soprattutto sulle deboli economie africane che, per forza di cose, possono offrire prevalentemente materie prime e prodotti agricoli.

I fiori all’occhiello

Due importanti risultati sono stati però ottenuti dalla Commissione sul lato esterno. Con l’allargamento ai paesi dell’Europa orientale e con l’antitrust. L’ampliamento della UE a dieci nuovi paesi dà un segnale concreto di apertura verso l’esterno: non fortezza, ma luogo istituzionale di aggregazione. Le difficoltà non devono farci dimenticare la portata storica di questo evento, in cui i popoli europei decidono di aggregarsi in uno spazio dove coordinare i propri modelli sociali, economici, giuridici e culturali.

Il segno tangibile della forza dell’UE sta poi anche nel suo saper imporre delle regole, non solo all’interno ma anche all’esterno: con l’antitrust gli Stati Uniti hanno potuto misurare tale forza, non militare, ma economica, cementata in regole giuridiche, che hanno sì valore all’interno della UE ma effetti transnazionali.

Infine, ancora sul piano esterno sono da rilevare il trattato di libero scambio con il Brasile, la fine dei negoziati UE-Russia per l’accesso al WTO e il processo di dialogo con la Turchia e gli altri paesi del Mediterraneo. Quest’ultimo può essere fondamentale per dare una prospettiva di stabilità sociale e crescita economica: l’ampliamento alla Turchia è forse la maggiore sfida per la dimensione esterna dell’UE nei prossimi anni. Il rapporto sullo stato del dialogo fra la UE e la Turchia sara’ l’ultimo grande atto ufficiale di questa Commissione il prossimo autunno. L’augurio è che si riesca a coniugare una visione di lungo periodo che contribuisca a realizzare le aspirazioni del popolo turco con il necessario realismo politico, in cui il rispetto dei diritti umani e dei fondamenti delle democrazie liberali sia qualcosa di profondamente condiviso.

Appaiono quindi chiaramente due aspetti di questa Commisione: il successo sul lato esterno, guidato da una visione politica di ampio respiro che ha coinciso con gli interessi e i valori politici dei principali paesi della UE (dialogo, inclusività, ampliamento) e l’inefficacia sul piano interno dove il Consiglio è riuscito ad evitare che la Commissione ridefinisse il proprio ruolo in senso politico. Coniugando questi due aspetti, l’Unione sembra avere massima forza quando si pone come elemento di aggregazione e, partendo da una struttura interna comunque ancora molto debole, proietta all’esterno una dimensione di stabilità e sicurezza.