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Crisi migratoria: la Turchia si rimette in gioco 

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Translation by:

Giulia Rocci

PoliticaBruxelles

L'UE e la Turchia si mettono d'accordo per un piano d'azione comune in modo da aiutare Ankara a tenere a bada i propri rifugiati. Ma a che prezzo?

Che piacesse o meno ai manifestanti anti-TTIP riuniti nelle strade adiacenti al Palazzo Justus Lipsius (il luogo d'incontro scelto dai capi di Governo europei, nel bel mezzo del quartiere Schuman), il Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015 si è concentrato soprattutto sul tema europeo del momento. La crisi migratoria.

Secondo le prime conclusioni a disposizione ancora prima dell'arrivo dei leader principali (ci si potrebbe chiedere perché allora si riunissero), come prima cosa, il dibattito del giorno avrebbe dovuto riguardare la cooperazione dell'UE con i Paesi terzi (tra cui il "famoso" piano d'azione con la Turchia); il rafforzamento delle frontiere esterne dell'UE, con l'ampliamento del mandato dell'agenzia Frontex; e il potenziamento degli hotspot per gestire i flussi e garantire i rimpatri. Tutto un programma.

La Turchia fa parte della soluzione

La recente visita del tanto vituperato presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, a Bruxelles ha fatto sì che le discussioni informali degli ultimi mesi tra l'UE e la Turchia si concretizzassero in un piano d'azione comune. Lo scopo? Rispondere alle sfide migratorie attraverso misure sia a breve che a lungo termine. In pratica, si tratta di fornire un aiuto supplementare ai circa 2,2 milioni di rifugiati presenti sul territorio turco aumentando, in particolare, l'assistenza umanitaria e il sostegno agli enti di accoglienza.

Il piano prevede inoltre di bloccare in modo sempre più efficace gli ingressi "illegali", di combattere le reti criminali degli scafisti e di assicurare il rimpatrio sistematico degli "irregolari". In altre parole, l'UE vuole aiutare la Turchia a occuparsi in modo migliore dei suoi rifugiati e a impedire ai migranti "illegali" di fare il loro ingresso nel territorio turco (e successivamente in Europa). L'Europa non nasconde del resto la sua volontà «di arginare l'ondata di rifugiati verso l'Europa,» come ha recentemente dichiarato Donald Tusk, Presidente del Consiglio europeo. Era pertanto fondamentale concludere questo accordo con la Turchia, Paese confinante con Siria e con Iraq e, per questo, passaggio obbligato per i rifugiati diretti in Europa. 

Convincere la Turchia a forza di concessioni        

In compenso, i dirigenti europei hanno fatto riferimento a possibili concessioni in favore della Turchia. Una di queste è la liberalizzazione dei visti. Un accordo del genere permetterebbe ai viaggiatori turchi di essere esenti dal visto sul suolo europeo. Una grande conquista per Ankara, che cerca da tempo un accordo su questo punto. L'UE avrebbe parlato anche della riapertura di nuovi capitoli che riguardano i negoziati sull'ingresso della Turchia nell'Unione. Tuttavia la Francia, fervida oppositrice dell'adesione turca, ha già espresso le sue riserve. Mentre Angela Merkel, in visita a Istanbul domenica 18 ottobre, ha dichiarato: «Siamo pronti ad accelerare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea, in cambio di un contributo della Turchia nell'arginare il flusso di migranti». In ogni caso, le conclusioni del Consiglio parlano chiaro: il processo di adesione ha bisogno di essere «rilanciato». 

Questo piano d'azione comune dimostra che l'UE è pronta ad accordare importanti concessioni per diminuire l'afflusso dei rifugiati sul suo territorio, anche con la Turchia islamico-conservatrice di Erdoğan, denunciata a più riprese dai responsabili europei per le sue derive totalitarie (i bombardamenti contro le minoranze curde, le violazioni contro la libertà d'espressione, la repressione violenta delle manifestazioni). Si vedrà come questo programma potrà essere messo in pratica. I futuri progressi saranno valutati nella primavera del 2016

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Pubblicato dalla redazione locale di cafébabel Bruxelles.

Translated from Crise migratoire : la Turquie rentre dans la danse