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Crescita e occupazione: chi se ne occupa?

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Ottavio Di Bella

Il summit a tre Berlino-Parigi-Londra ha aggirato il vero handicap dell’economia europea. I poteri della BCE debbono essere ampliati. Drasticamente.

Ah, il vertice di Lisbona del marzo 2000! Ricordate? Quella fiduciosa profezia nelle magnifiche sorti e progressive di un’UE in grado di diventare la regione più dinamica e competitiva del globo a partire dal 2010, grazie all’euro e alle riforme strutturali? Meglio tornare alla realtà per il momento… Lo scoppio delle bolle speculative americane, iniziate alla fine del 2000, hanno comportato effetti devastanti su numerose economie europee. Eppure, nonostante tutto questo si sia verificato nel biennio 2001/2002, e sebbene molte delle maggiori economie del mondo –Giappone compreso – stiano oggi riprendendo a crescere di nuovo, l’Europa resta impantanata in una drammatica stagnazione.

Il fantasma della Grande Depressione

Per rispondervi, il vertice di Berlino della settimana scorsa tra i leader di Francia, Germania e Inghilterra ha visto il lancio del “processo di Lisbona”. Sono state avanzate proposte di un “super Commissario” con il compito di coordinare le riforme economiche e di promuovere un’agenda comune. E l’agenda? Beh, è simile a quella proposta a Lisbona: promozione dell’imprenditoria, aumento della flessibilità nel mercato del lavoro, rafforzamento della “knowledge economy”, rimozione delle regolamentazioni superflue.

Ed è qui che bisogna fare un passo indietro e riflettere su ciò che sta accadendo. Durante i dibattiti sui destini dell’economia europea, di rado si è discusso sul ruolo giocato dalla Banca Centrale Europea che, senza ombra di dubbio, è l’attore più importante sul versante economico continentale. Si tratta di un non sense poiché la grottesca ossessione della BCE per un’inflazione bassa ha scombussolato – e di molto – la vita delle economie europee. E la crescita economica? E l’abbassamento della disoccupazione? Abbiamo dimenticato la Depressione degli anni trenta?

Non solo inflazione

La risposta standard della BCE a queste critiche viene regolarmente ripetuta come un credo religioso: la sua unica responsabilità è di assicurare un livello d’inflazione basso, in modo da creare le condizioni necessarie per creare nelle aziende posti di lavoro e per favorire così la crescita economica. Del fatto che comunque la disoccupazione resti alta, bisogna considerare responsabili i governi nazionali, per gli ostacoli frapposti alla volontà delle grandi aziende di aumentare la produzione e assumere più lavoratori. Se ciò è vero in parte, si tratta pur sempre di una mezza verità. La politica monetaria infatti potrebbe e dovrebbe esser utilizzata in modo più intelligente, per rilanciare l’economia durante i periodi di recessione e calmarla quando le cose vanno troppo bene.

Che fare allora? Sono due le opzioni che si fanno immediatamente avanti da se. La prima, vincere la battaglia concettuale in Europa circa la possibilità di far uso della politica monetaria, e spingere la BCE a promuovere crescita e occupazione al pari dei bassi livelli d’inflazione. La seconda chiedersi se veramente la BCE debba esser al 100% indipendente da pressioni politiche. Va ricordato che la Bank of England che è ancora sottoposta al controllo del governo e dell’opinione pubblica sulla sua azione. Il sostegno per una banca centrale pienamente indipendente in realtà è più forte nell’Europa continentale che non Oltre Manica. Ma, quanto più l’economia europea rimarrà paralizzata, tanto più dovremo prendere in considerazione degli interventi anche più radicali di quelli proposti fra Lisbona e Berlino.

Story by

Translated from Who Cares About Growth and Unemployment?