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COP26: l'inazione è complicità

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Luciana Messina

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La COP26 è dietro l'angolo. Dalla regina Elisabetta che parla della sua delusione per l'inerzia dei leader, a Greta Thunberg che mostra solidarietà a coloro che sono in prima linea nella crisi climatica, personaggi di tutto il panorama politico hanno condiviso i loro messaggi. In questo articolo, Bibbi Abruzzini e l'attivista per il clima Mario Alvarado sottolineano come il cambiamento climatico sia una delle più grandi minacce ai diritti umani, e alla dignità planetaria, della nostra generazione e perché l'inazione è sinonimo di complicità.

“Senza precedenti” sembra essere la parola che meglio descrive gli eventi meteorologici estremi del 2021. Dal Belgio all'India, gli incendi e le piogge monsoniche hanno colpito la flora, la fauna e le persone. Ma dai movimenti giovanili guidati dalla scienza agli attivisti per il clima che sventolano striscioni e alle “maratone globali dei social media per la giustizia climatica”, le proteste non mancano. Mentre i leader della terra si preparano a viaggiare verso Glasgow per la COP26, un messaggio dovrebbe risuonare forte e chiaro.

Il cambiamento climatico è una delle più grandi minacce ai diritti umani, e alla dignità planetaria, della nostra generazione.

"Non permetteremo loro di cavarsela con altre parole e nessuna azione concreta", ha detto Greta a una manifestazione, condividendo il suo timore che il vertice ambientale della COP26 si concluda in un fallimento. Nel frattempo, sono stati organizzati altri raduni in diversi continenti, in oltre 500 località, tra cui Uganda, Bangladesh, India e Germania. È giusto che sia così. I disastri climatici e meteorologici sono aumentati di cinque volte in 50 anni a causa del cambiamento climatico. Nonostante i sistemi di allerta preventiva aiutino in alcuni casi a salvare vite umane, stiamo assistendo a conseguenze devastanti su mezzi di sussistenza, case, ecosistemi, patrimonio culturale della sicurezza alimentare, e la lista potrebbe continuare.

"La negazione della crisi climatica ed ecologica deve finire", afferma l'attivista per il clima Mario Alvarado. Alvarado si trova in Messico e fa parte del Collective for Climate Rights, le menti dietro la campagna “Giù le mani dai nostri diritti, giù le mani dal nostro pianeta!” (una maratona di video di 24 ore che inizierà il 5 novembre).

Mi sono unito alla video-maratona perché far parte dell'inazione dei leader della terra sul clima vuol dire esserne complici”, afferma Mario.

Il Collective for Climate Rights sta lavorando al rafforzamento del movimento per il clima e i diritti umani attraverso mobilitazioni online e offline. La video-maratona, ad esempio, è stata creata per garantire a tutti uno spazio, e non solo ai funzionari in giacca e cravatta, per testimoniare l'impatto della crisi climatica e chiedere che i leader globali agiscano per proteggere i nostri diritti umani collettivi. Dal capitano di Sea-Watch Carola Rackete, a Marinel Ubaldo, che ha contribuito a organizzare il primo sciopero dei giovani per il clima nelle Filippine, attivisti e attiviste stanno condividendo i loro video messaggi online, chiedendo un'azione decisiva per proteggere i diritti umani.

Climate Change inactivity
“Mi sono unito alla video-maratona perché far parte dell'inerzia dei leader della terra sul clima vuol dire esserne complici”

Inquadrare il cambiamento climatico come una questione di diritti umani

Il legame tra cambiamento climatico e diritti umani è spesso sottovalutato a favore di altre narrazioni, ma per gli attivisti la connessione è chiara.

La crisi climatica sta già devastando le nostre vite. I governi non hanno solo la responsabilità morale di agire sui cambiamenti climatici, ma anche obblighi legali dati dal loro dovere di proteggere i diritti umani", afferma Chiara Liguori, consigliere per le politiche di Amnesty International. “Anche se sono tra i fortunati che non hanno visto la propria casa o la propria vita distrutta dagli impatti climatici, per solidarietà devo parlare e difendere i diritti delle persone più colpite e delle generazioni più giovani, come quella di mia figlia di 4 anni”.

Chiara Liguori si sta attualmente concentrando su ambiente e diritti umani, in particolare su come i diritti umani possono sostenere e rafforzare la lotta per la giustizia climatica. Dagli incendi in Grecia alle inondazioni che hanno colpito il nord Europa quest'estate, risultiamo essere sempre più esposti alle "storie umane" dietro il cambiamento climatico.

I rapporti hanno mostrato come il cambiamento climatico abbia peggiorato le devastanti inondazioni di luglio in Europa che hanno ucciso oltre 200 persone in alcune zone del Belgio e della Germania. Dal Belgio rurale, abbiamo assistito in prima persona a come le piogge torrenziali hanno spazzato via case, auto e vite. Le località vicine si sono unite per portare soccorso alle comunità colpite, ma le ripercussioni si fanno ancora sentire in tutta la regione.

Le persone hanno perso il lavoro, i loro rifugi e la loro "sicurezza".

Rompere lo stallo climatico

Basta promesse non mantenute e false soluzioni. Basta giocare con le nostre vite e il nostro futuro. Abbiamo bisogno di vere riduzioni delle emissioni, rispetto dei diritti umani nell'azione per il clima e sostegno economico alle popolazioni dei paesi più poveri", afferma Chiara Liguori.

Allo stesso modo, Payal Parekh, attivista internazionale per il clima, scienziata dell'Istituto di tecnologia del Massachusetts ed ex direttore generale del movimento internazionale 350.org, vuole che il "suono della giustizia" risuoni in tutto il mondo. Nel corso degli anni ha utilizzato campagne online e azioni dirette per protestare contro le minacce ambientali, come Keystone XL l'oleodotto negli Stati Uniti o l'estrazione carbonifera in India, e per chiedere il completo smantellamento dal settore dei combustibili fossili.

Dalla Svizzera, racconta di come nel suo paese d'origine, l'India, le disuguaglianze economiche e la riduzione dello spazio democratico rendano difficile la lotta all'estrazione carbonifera, all'espansione delle centrali a carbone e ad altre pratiche distruttive per l'ambiente, nonostante l'enorme potenziale del paese per le energie rinnovabili. Ma questa è solo la punta dell'iceberg.

La crisi climatica aggrava le disuguaglianze preesistenti e ha impatti devastanti su molti nostri diritti, dal diritto ai mezzi di sussistenza al diritto all'aria pulita”, spiega Parekh. “Mi sono fatta coinvolgere [dalla video-maratona] perché è tempo di ascoltare le voci inascoltate, soprattutto quelle in prima linea. Non c'è soluzione alla crisi climatica a meno che questa non preveda anche la protezione dei nostri diritti umani”.

La crisi climatica è diventata l'epicentro di una enorme battaglia per l'ambiente, la salute pubblica e i diritti umani. La lotta per la giustizia climatica rimane rischiosa. Gli ultimi rapporti di Forus mostrano che gli attivisti ambientali sono i più a rischio in termini di accesso e protezione del loro spazio civico. Allo stesso modo, Global Witness ha rivelato che il 2020 è stato l'anno più dannoso per i difensori dell'ambiente in tutto il mondo.

Mentre i leader della terra e la "comunità per il clima" si incontrano alla COP26, fai sentire la tua voce, condividi il tuo messaggio e le iniziative locali o nazionali che possono aiutare a coinvolgere altre persone.


Per maggiori informazioni sulla video-maratona mondiale clicca qui. Questo articolo è stato scritto nell'ambito di una partnership con la rete globale della società civile Forus International da Bibbi Abruzzini, coordinatrice delle campagne di Forus, con il supporto della direttrice di Forus Sarah Strack e Mario Alvarado, attivista per il clima e per il Regional Digital di Amnesty America. Controlla le ultime richieste comuni della società civile per il futuro dei finanziamenti allo sviluppo sostenibile e alla giustizia climatica qui.

Translated from COP26: inaction is complicity