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Campo profughi : organizzazione e inventiva

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Translation by:

Rita Obino

Un campo profughi nel cuore di Bruxelles, cosa inimmaginabile fino a poco tempo fa. Di conseguenza, le autorità sono state colte di sorpresa e i volontari fanno del loro meglio per sopperire all'inerzia dei politici. 

In media, 900 migranti vivono nel parco Maximilien, vicino la stazione Nord di Bruxelles, numero che non comprende i volontari. Una sfida logistica e organizzativa che deve essere gestita nel miglior modo possibile. Cibo, distribuzione delle tende e dei vestiti, prodotti per l'igiene personale, medicine… Le cose da fare sono tantissime e le risorse sono limitate o, per meglio dire, dipendono dalla generosità dei cittadini e dalla dedizione dei volontari che cercano di inventarsi sempre qualcosa per fronteggiare la situazione come meglio possono.

Un disordine strutturato

Manu è uno dei responsabili del campo ed è felice dei progressi che sono stati fatti in così poco tempo: «Davvero pochi di noi avevano già lavorato in un campo profughi. A livello coordinativo solo tre persone, forse, l'avevano già fatto. Sono cose che non capitano spesso in Belgio. Per questo all'inizio era tutto un po' caotico, dovevamo fare di tutto. Ora le cose vanno meglio, il campo è più strutturato e ognuno ha il proprio ruolo».

I principali responsabili e i coordinatori non smettono di cercare soluzioni per migliorare l'organizzazione. E la sveglia suona. « Abbiamo stabilito una sorta di registro del catasto del campo, spiega Manu. Una lista di locazione delle tende per capire quali sono occupate e quali sono libere. Questo è molto importante dal momento che il campo sta per diventare saturo. La capacità di accoglienza è quasi finita. Se arriveranno altre persone nei prossimi giorni non sapremo dove metterle. Il rischio è che finiscano per dormire in stazione...»

Fino a poco tempo fa la squadra poteva contare sul supporto di numerosi volontari. Davanti allo stand che accoglieva i volontari, il flusso di nuovi aiutanti era praticamente senza fine. In meno di dieci minuti, una dozzina di persone si presentavano in piccoli gruppi di tre o quattro persone. I volontari avevano diversi profili : quelli che avevano conoscenze particolari (mediche o "del fai da te") e venivano per essere utili in mansioni specifiche; c'erano quelli che venivano e dicevano « Voglio essere d'aiuto, cosa posso fare? », e il team li sistemava dove c'era bisogno. E, infine, c'erano quelli che venivano solo per parlare con i rifugiati, per ascoltarli, per mostrargli vicinanza o per parlargli della vita in Belgio. Questi ultimi, anche se non partecipavano in maniera « attiva », non devono essere sottostimati. Spesso, infatti,  una persona disposta ad ascoltare è importante tanto quanto una ciotola di riso.

Purtroppo la situazione è cambiata. Molti volontari erano studenti. I corsi universitari sono di nuovo iniziati, e questo ha avuto un grosso impatto sul numero dei volontari. All'inizio  Manu non era troppo proccupato : « Il primo grande weekend si stima che ci saranno 400 volontari al giorno, mentre in settimana ci potrebbero essere problemi perchè questi non saranno presenti. Ma alla fine c'erano circa 150 volontari. Se gli studenti smettono di venire, ci saranno altre persone come pensionati, disoccupati, lavoratori part-time...e potrebbe funzionare.»

Sfortunatamente, gli eventi che seguirono gli diedero torto. Dopo molti giorni, il centro di supporto cittadino a favore dei rifugiati di Bruxelles, che coordina le azioni di aiuto nei centri profughi, ha incrementato le richieste. Non ci sono praticamente più volontari sul campo ed è una situazione davvero difficile dal momento che continuano ad arrivare nuovi profughi.

Efficienza: un'arma a doppio taglio

Si dice che avere un'organizzazione troppo ben rodata possa causare dei problemi. Infatti aumenta la permanenza del campo e questa non è l'idea. Il campo non deve diventare una struttura (semi-)permanente sulla quale i politici possono "adagiarsi".

La questione sulla durata dei campi è centrale. Certamente, sono stati creati nuovi centri di accoglienza ma questo non risolve l'intero problema. Qui ci sono persone che stanno aspettando il loro primo contatto con l'ufficio degli Esteri per fare domanda di asilo politico. Ma nel frattempo non possono entrare nei centri. Quindi la vita del campo non dipende unicamente dai posti liberi, ma anche dalla capicità di gestire i dossier negli uffici (circa 250 al giorno). Non è la stessa cosa.

«Per noi è importante ciò che accade prima di entrare nei centri, espiega Manu. Perchè è facile parlare di quello che accade dopo, ma non si parla di ciò che avviene durante l'attesa! La settimana scorsa, il tempo di attesa era circa di sei giorni per aprire un dossier negli uffici. Il rischio di arrivare a due settimante è sempre più probabile. Che cosa hanno intenzione di fare ( politici e chi di dovere) con queste persone che aspettano? Noi siamo semplici cittadini, non è compito nostro gestire questa situazione ancora per molto».

Nel frattempo che i diversi livelli di potere si mettono d'accoro, il problema sarà tutt'altro che risolto. Un edificio è stato messo a disposizione dei migranti 24h/24, ma non può accogliere più di 500 persone. Gli altri dovranno passare la notte fuori…

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Il nostro team di Bruxelles  sta attualmente lavorando su un dossier dedicato ai campi profughi in Belgio. Solidarietà, inventiva e una grossa dose di umanità...presto troverete questi articoli sulla pagina principale del magazine.

Translated from Camp de réfugiés : organisation et débrouille