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Bulgaria: xenofobia e nazionalismo in tv

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Marco Riciputi

Il canale televisivo del partito di estrema destra bulgaro Ataka offre al suo pubblico messaggi che inneggiano al nazionalismo. Giornalmente.

Turchizzazione. Separatismo. Zoom sulla bandiera bulgara che sventola nel giorno della ricorrenza dei 130 anni dalla liberazione dal cosiddetto “giogo ottomano”. Sono le prime immagini del documentario “La nuova schiavitù”, girato in sei puntate, che non lascia dubbi sull'influenza che esercita la Turchia sulle regioni meridionali della Bulgaria. Il programma ha registrato ascolti da capogiro e ne ha decretato un successo per la televisione via cavo Skat, apertamente schierata per il partito di estrema destra bulgaro Ataka. Una formazione politica che denuncia, con toni radicali, quella che chiama la “bugia della vita”: la pacifica convivenza dei diversi gruppi etnici presenti sul territorio. Una posizione che la politica bulgara sostiene dalla svolta del 1989.

Ataka, un partito mediatico

Il successo di Ataka nasce in tv. Lo stesso Partito è un derivato del programma televisivo condotto dal suo capo, il giornalista Volen Siderov, che prima di dedicarsi alla politica era il caporedattore del quotidiano anticomunista Demokracija e poi del foglio populista Monitor. Siderov è un camaleonte della politica. Sostenitore del movimento riformatore Associazione delle Forze Democratiche e, in seguito, simpatizzante dell’ex Zar di Bulgaria Simenon II di ritorno dal lungo esilio spagnolo. Per finire, negli ultimi anni, con la recente posizione nazionalista.

Siderov è conosciuto al grande pubblico per i suoi capelli bianchi, l’occhio pungente, i tre libri sulla “Teoria del complotto” e, ovviamente, per la sua trasmissione sulla tv via cavo Skat. Dieci minuti in cui si scaglia contro tutti e tutto: omosessuali, turchi, rom, ebrei, investitori stranieri. Anche oggi che è membro dell’Assemblea nazionale.

Ma c’è anche altro. I nazionalisti dispongono anche di un secondo mezzo di informazione, il quotidiano Ataka, che giornalmente diffonde le loro posizioni politiche, servizi sulla minaccia legata alla costruzione di una nuova moschea, i reati dei rom. Il tutto contenuto in 24 pagine. «Tra Ataka e Skat non c’è nessuna differenza, le opinioni coincidono sempre», ha dichiarato Orlin Spassov, massmediologo. «Il Partito è nato come partito mediatico. Lo stesso nome sia per il Partito che per il giornale, Ataka, derivano dalle trasmissioni di Siderov. Non è una coincidenza.» È così fin dalla svolta del 1989: Skat è l’unica emittente televisiva al servizio di un partito.

Lo show di Siderov

Con grande intelligenza Siderov ha trasformato la sua fama mediatica in capitale politico. Nell’estate 2005, poco prima delle elezioni politiche, fondò Ataka. Il primo partito politico nato dopo il 1989. Toni xenofobi per intercettare tutto il risentimento dei votanti, premiato con l’8% dei consensi. Un risultato sufficiente per sbarcare nel Parlamento nazionale. Quindi la corsa per la presidenza del Paese nel 2006 contro l’odierno presidente Georgi Parvanov. Una sfida persa solo al secondo turno di votazioni. Quindi le elezioni europee, dove Ataka è riuscito a spedire tre europarlamentari sul totale di 18 spettanti alla Bulgaria. La loro collocazione nell’Assemblea europea è nel gruppo “Identità, Tradizione e Sovranità”, insieme agli uomini del Fronte nazionale di Le Pen e al Partito per la Grande Romania. L’immagine che Ataka diffonde tramite i suoi media è quella di un partito basato sull’onore e spesso non si disdegnano critiche ai media accusati di scarsa “bulgaricità”. Come nel febbraio 2007 quando i sostenitori di Ataka si sono scagliati contro la costituzione della redazione locale della Waz a Sofia, un gruppo editoriale tedesco. Un tema, la difesa della “bulgaricità”, che ha dato buoni frutti propagandistici. Gli stessi elettori si trovano in un circolo mediatico-informativo chiuso: per le opposizioni non c’è più spazio da nessuna parte.

Discorsi carichi di odio restano impuniti

Reazioni violente arrivano da settori della società civile. Così con l’iniziativa “Cittadini contro l’odio”, Siderov è messo sotto accusa per discriminazione verso le minoranze e portato di fronte ad un tribunale. Finora la giornalista Juliana Metodieva è stata l’unica a veder tutelati i propri diritti. «L’espressione “la Bulgaria ai bulgari” è discriminante verso le mie origini armene». Molti processi sono ancora in corso ma procedono lentamente a causa delle tattiche difensive di Siderov.

Anche nel settore dei media, l’introduzione di meccanismi di garanzia per la pluralità avvengono lentamente. Nel novembre 2004, 160 rappresentanti di diversi media hanno firmato un “codice etico” che dovrebbe garantire maggiore equità nel cosiddetto mercato quotidiano delle notizie. È il primo tentativo per inserire dei codici di comportamento etico nel giornalismo bulgaro. Ma Ataka e Skat non hanno aderito al codice di condotta, né fatto domanda di adesione.

Così, mentre giornalisti, organi di controllo e Ong meditano su come procedere contro Ataka, quest’ultimo ha creato un nuovo tipo di giornalismo: fresco, in grado di dar vita ad un dibattito nazionale giornaliero, sia su carta stampata che nell’etere.

Finanziato dalla Fondazione Erinnerung, Verantwortung und Zukunft (Ricordo, responsabilità e futuro ndr).

Questo articolo rientra in una ricerca finanziata dalla n-ost verfasst.

Translated from Bulgarien: Nationalismus auf allen Kanälen