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Buio in sala: la fantasia al cinema

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Translation by:

Elisa Buzzi

Cultura

Dal festival di Sitges 2012 agli schermi di tutta Europa, analisi ragionata di quello che ci riserva il cinema nei prossimi mesi, da Carax a Cronenberg, dal fu vampiro Pattinson alla signora Timberlake, Jessica Biel, passando per James Franco e Britney Spears. Il meglio e il peggio, secondo il nostro inviato in Catalogna.

Un mese, più che abbondante, dopo la chiusura del festival di Sitges del 2012 (avvenuta con la proiezione dello stupendo “Looper” di Rian Johnson), mi accingo ad analizzare, con la dovuta distanza, l'ultima edizione del festival del cinema fantastico più importante del mondo. Edizione che, per me, è stata la prima. Sono stato iniziato alla grande: poche ore di sonno, molta Coca-Cola e file costellate di smartphone. Ma ne è valsa la pena.

Il meglio del Festival

1. “Holy Motors” di Leos Carax

Il vero vincitore del festival, “Holy Motors”, che nel suo palmares può vantare il premio come miglior film, miglior regista e Meliès de Plata (medaglia d’argento, ndt) come miglior film europeo, ha sorpreso sia gli addetti ai lavori che i comuni spettatori anche durante lo scorso Festival di Cannes. Un film che si ricorderà per tutto il prossimo decennio, un carosello surrealista dove Carax parla della morte del cinema, dei diversi generi e della crisi di identità dell'era contemporanea. Un esercizio di piacere, delirante e con alcuni spunti sulla violenza che hanno deliziato critica e pubblico.

2. “Spring Breakers” di Harmony Korine

La sessione a sorpresa del festival ha creato un certo spaesamento tra il pubblico, già nei giorni precedenti alla comunicazione del titolo che sarebbe stato proiettato nell’ultimo sabato del Festival. “Spring Breakers”, del sovversivo Harmony Korine, si è preso più fischi di quanti io ne abbia mai sentiti in tutto il Festival, ma è stato anche il miglior film che ho visto durante questi dieci giorni. Estremo, esagerato, racconta il viaggio sopra le righe, festoso e pieno di gioventù di quattro adolescenti (attenzione al meraviglioso cast Disney) che si ritrovano immersi in un mondo di droga, sesso e reati commessi da un rapper narcotrafficante, interpretato da un James Franco in forma smagliante. Estetica della violenza e Britney Spears. Cosa chiedere di più.

3. “Cosmopolis” di David Cronenberg

Un altro film già proiettato a Cannes che ha suscitato reazioni diverse tra i critici è stato “Cosmopolis” di David Cronenberg. Funzionerebbe perfettamente in un paso doble con “Holy Motors e non solo perché assistiamo a un viaggio in limousine costellato di strani personaggi, ma anche perché entrambi i film contengono una riflessione diretta sulla prossima decade, quella che sta per iniziare. "Cosmopolis" ci riserva un po' di sostanza in più, ma il ritratto che offre di una società persa e con un futuro incerto è decisamente azzeccato. Un favoloso Robert Pattinson, senza dubbio. E occhio a Brandon Cronenberg, figlio di David, che al festival ha presentato “Antiviral”, un thriller sensuale e sgradevole, che sembra un film di un Cronenberg senior agli esordi. Una gioia.

Il peggio del Festival

1. "Area 407", "Paranormal Activity 4" e il found footage in generale

Il found footage, o i film girati “videocamera alla mano”, ha avuto uno spazio riservato in questa edizione del Festival di Sitges (già nelle locandine che lo pubblicizzavano apparivano indizi che annunciavano la presenza di questo genere). Film come il piuttosto deludente “V/H/S” o il fantastico “The Bay” hanno dimostrato che a questo genere rimane ancora un margine per continuare a sorprendere. Tuttavia, già si notano i sintomi di un chiaro logorio e il pubblico più fervente di Sitges, quello che assiste alle maratone cinematografiche che durano fino alle sei del mattino, si è dovuto sorbire due film inguardabili a orari improponibili: “Area 407” e “Paranormal Activity 4”. Il primo era promettente: un found footage con chiare intenzioni di serie B, il cui ritorno al genere questa volta consisteva nell’arricchire l’equazione con dei dinosauri. Ma in un film sui dinosauri non dovrebbero esserci dei dinosauri? Noioso e irritante, ha completamente steso i coraggiosi che si erano fermati alla proiezione delle 2 di notte. Neanche la Red Bull ha funzionato.

L’altro, “Paranormal Activity 4”, faceva parte della maratona a sorpresa dell’ultimo sabato che comprendeva la sua anteprima mondiale. Un film noioso e anche un po’ stupido dato che ha riservato per l’ultimo minuto l’unica scena realmente terrificante. Un vero peccato dato che, nonostante già dall’inizio questa saga avesse ben poco a che fare con il genere horror, nell’episodio precedente, "Paranormal Activity 3", erano riusciti a fare vedere cosa si sarebbe potuto trarre da questo produttivo esperimento.

2. Vero o (in)verosimile?

Un altro tema ricorrente sono stati i film basati su fatti reali o realistici. Compreso il meraviglioso “The Impossible” di Juan Antonio Bayona, presentato al Festival una settimana prima che sbancasse i botteghini spagnoli, o il puro e sano intrattenimento di “Aftershock” di Nicolas Lopez: film che inizia nel peggiore dei modi possibili, come una barzelletta grossolana e poco divertente, ma che conquista lo spettatore con un ritmo da thriller, per culminare in un finale davvero notevole.

Tuttavia, alcuni di questi film lasciano un retrogusto agrodolce. “Chained” di Jennifer Lynch, nonostante non sia basato su fatti realmente accaduti, cerca di avvicinarsi in modo “realistico” a un caso di sequestro un po’ estremo. Un film gradevole, nonostante nella forma ricordi i telefilm tedeschi trasmessi la domenica pomeriggio sui canali commerciali spagnoli, con un finale imprevisto e completamente slegato dal resto della trama. Reazioni tiepide anche per “Compliance”, questo sì basato su fatti reali (e a quanto pare molto fedele alla storia originale), nonostante riesca a creare una tensione sufficiente da far rimanere incollati alla poltrona. Ma a un certo punto, tutto diventa molto inverosimile ed è facile dubitare che la scritta “BASATO SU FATTI REALMENTE ACCADUTI”, che appare all'inizio, dica il vero.

L’impronta europea

Il panorama europeo ha avuto un discreto successo al Festival. Da un lato, l’esilarante “Sightseers” di Ben Wheatly: un viaggio in camper per la campagna inglese che è un continuo succedersi di episodi strani, imbarazzanti e intrisi di humour nero. Fantastici la coppia protagonista e la sceneggiatura, che ha vinto il premio della giuria.

Anche il Regno Unito ha avuto la sua rappresentazione con Berberian Sound Studio” di Peter Strickland. Un omaggio formale al cinema italiano che non ha lasciato nessuno indifferente. Il film "The Tall Man" del regista francese Pascal Laugier (regista della discussa opera prima chiamata “Martyrs”) ci ha lasciati un po’ spaesati: un thriller con un’atmosfera da racconto horror, che tra i tanti cambiamenti un po’ confusionari finisce per trasformarsi in una denuncia sociale un tantino polemica.

Rappresentazione spagnola degna di nota è sicuramente “El cuerpo” di Oriol Paulo, che ha inaugurato il Festival e inorridito noi che pensavamo di vedere qualcosa di simile a “Los ojos de Julia” di Guillem Morales; ma anche “Invasore”, che nessuno ha capito molto bene di cosa trattasse e “O Apóstolo” di Fernando Cortizo, un cartone animato galiziano che ha entusiasmato il pubblico.

Immaginis: © Indomina e © Agnes García Segura. Video: trailersyestrenos/YouTube e epicpicturesgroup/YouTube.

Translated from Lo bueno, lo feo y lo más europeo de Sitges 2012