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Bucarest: Affrontare i pregiudizi del mercato del lavoro

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società

Nell'UE un giovane su cinque – circa 5,5 milioni di cittadini – non riesce a trovare un'occupazione mentre un numero ancora più alto svolge un lavoro per il quale è troppo qualificato. In Europa la disoccupazione giovanile finisce spesso in prima pagina, ma quali sono le storie dietro alle statistiche? Il quinto articolo di un'inchiesta in più parti, con testimonianze da Bucarest e da Londra.

Nella quarta parte, Anne Stoltenberg, una project manager dell'ONG Migrant Voice con sede a Londra ci ha detto, «la realtà è che in Europa esiste una prima e una seconda classe. Va bene se vieni dalla Danimarca, ma non dalla Romania. In Europa non c'è una mobilità equa».

Laura Chilintan, 23 anni, che ha lasciato la Romania quattro anni fa per studiare Sociologia nel Regno Unito, pensa si tratti più di differenze culturali che di un totale pregiudizio. «Noi a volte siamo troppo assertivi e io credo che la cultura inglese ponga troppa enfasi sul 'politically correct' e su un comportamento impersonale o educato», afferma. Lei è positiva. Mentre gli stranieri hanno chiaramente bisogno di uno sforzo maggiore per trovare un lavoro, lei dice: «La fatica di solito ripaga, perché la gente impara lungo il cammino delle abilità utili».

Diritti e pregiudizi

Il paese natale di Laura sta imparando a sua volta, dal momento che è diventato un paese capace di ospitare non solo migrati, ma anche rifugiati. I numeri complessivi sono ancora bassi: nel 2013, degli oltre 400.000 richiedenti asilo di tutta l'Unione Europea, solo 1.495 sono finiti in Romania (rispetto ai quasi 30.000 nel Regno Unito). Tra il 1991 e il 2013, 3.370 persone – prevalentemente da Iraq, Afghanistan, Somalia e Siria – hanno ottenuto lo status di rifugiati in Romania. E i servizi – e gli atteggiamenti nei loro confronti – si devono ancora mettere al passo.

Sibali Regis Silvere, un 27enne volato quest'anno in Romania dalla Repubblica Centro Africana, passando per il Camerun, è stato fortunato a trovare un lavoro in un call-center dopo poco che la sua richiesta di asilo era stata accettata. La maggior parte delle persone, però, spesso non sono a conoscenza della legge, per colpa dei datori di lavoro o addirittura a causa delle istituzioni ufficiali (lo status di rifugiato garantisce ad una persona gli stessi diritti di un cittadino rumeno, compreso quello al lavoro, tranne per il diritto di voto; i richiedenti asilo ottengono il diritto al lavoro solo dopo che è trascorso un anno dai primi tentativi per ottenerne uno).

Sibali, 27 anni, rifugiato della Repubblica Centro Africana, ha trovato velocemente lavoro a Bucarest, dove vive da cinque mesi. Ci racconta la sua storia e come mai il lavoro non sia poi così importante alla fine. Traduzione e sottotitoli a cura di Sofia Rabaté.

«Abbiamo avuto una situazione del genere persino al municipio», dice Carmen Cristea, ispettore capo della polizia e direttrice del Centro regionale per l'alloggio e le procedure per richiedenti asilo di Bucarest. «Avevamo bisogno di una casa popolare per un rifugiato con problemi di salute, e i consiglieri del sindaco sono rimasti stupiti nello scoprire che queste persone avevano gli stessi diritti dei cittadini romeni».

La sensazione, secondo Razvan Samoila, direttore dell'ong Arca (Forum Rumeno per Rifugiati ed Immigrati) con sede a Bucarest, è che «queste persone siano venute qui a prendere i nostri posti di lavoro». Una posizione simile a quella dell'Agenzia nazionale per il lavoro in Romania (Anofm), dice Razvan. «Loro ci dicono: ‘Ci sono tanti romeni senza lavoro e voi parlate di una minoranza!’».

L'Arca, che prova ad aiutare i rifugiati ad integrarsi, ha assistito a sporadici casi di discriminazione positiva. «Un grande hotel di Bucarest voleva assumere un rifugiato, perché dicevano di aver bisogno di una persona di colore», dice Razvan. «Sono venuti da noi per questo. Questo ragazzo ha iniziato aprendo le porte dell'hotel, e ora lavora come receptionist ed è il capo della trade union all'interno dell'albergo e rappresenta i romeni di fronte al datore di lavoro». Ma, aggiunge, questi casi rimangono un'eccezione.

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Job Hunters: Non perdetevi la prossima parte di questo approfondimento realizzato da Anna Patton e Lorelei Mihala, perché nel prossimo capitolo si parlerà di come i giovani londinesi si rapportano con gli ostacoli per la ricerca di un lavoro! Leggete le prima, la seconda , la terza e la  quarta parte adesso.

Translated from Facing prejudice in the Bucharest job market