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Bruxelles: un multilinguismo di facciata

Published on

Story by

Julie Gonce

Translation by:

Anna Borrelli

società

Sui marciapiedi di Bruxelles, le nostre orecchie sono colpite da una sfilza di lingue. In questa città europea, parlare l’inglese non basta: il bilinguismo ufficiale francese- fiammingo è presente ovunque … e soprattutto nelle offerte di lavoro. Questione d’identità o discriminazione per l’assunzione?

Il quadro legislativo è chiaro, lo statuto istituzionale della capitale è bilingue. E questo bilinguismo è diventato quasi una conditio sine qua non per essere assunti a Bruxelles. A priori, niente di straordinario. Per Justine, giovane belga originaria della Vallonia: «Sembra logico dover parlare due lingue in una capitale ufficialmente bilingue». Un’opinione condivisa da Maïté, francese residente a Bruxelles da diversi anni: «Se si vuole lavorare qui, il minimo è imparare le lingue ufficiali!».

Discriminazione linguistica?

Restano, fatta questa constatazione, delle cifre illuminanti. Secondo Actiris, un’agenzia per il lavoro, il 35% dei giovani sono disoccupati, tra cui quasi nessun fiammingo parlante e il 90% di monolingui, cioè persone che non sono bilingui francese - fiammingo. In trappola, dunque, i vantaggi rappresentati da tutti gli altri multilinguismi, come parlare l’inglese, l’arabo, lo spagnolo o ancora il turco. Discriminazione linguistica per l’assunzione? Da qui a parlare di discriminazione linguistica per l’assunzione, per molti il passo è breve, ma un consulente di Actiris mitiga: «Quest’esigenza di bilinguismo, non sempre pertinente in funzione del posto di lavoro, non è tanto una discriminazione linguistica quanto una discriminazione celata (Elisa Gallo)sull’identità». I giovani ne hanno la percezione: «L’inglese non ha nessuna importanza!» afferma Fredrick, norvegese, che frequenta la scuola di comunicazione, «si possono parlare diverse lingue, ma se non si parla il fiammingo, trovare un lavoro al di fuori delle istituzioni è un percorso a ostacoli.» La gerarchia linguistica nel tessuto economico di Bruxelles è in effetti molto chiara: il francese è la lingua più importante, seguita dal fiammingo, e infine dall’inglese. Nora de Kempeener, del centro culturale fiammingo De Markten, dove la comunicazione avviene in queste tre lingue, mi comunica la stessa sensazione: «Benché Bruxelles sia sempre più multilingue, e anglofona, è comunemente noto che è estremamente difficile per i giovani trovare lavoro se non parlano il fiammingo», precisa. Cosa che, da parte sua, non le impedisce di assumere non fiamminghi «se l’offerta non lo richiede». In questo momento, i parametri non sono favorevoli ai giovani stranieri. Le competenze non bastano senza il bilinguismo «ufficiale». Attraverso Actiris, la maggior parte dei giovani, se non impiegati presso le istituzioni europee o affiliate, si ritrovano a fare lavori non qualificati.

Il bilinguismo: un riflesso conservatore?

Se il mercato del lavoro a Bruxelles è tradizionalmente bilingue, esso si sta innegabilmente internazionalizzando evolvendo verso il multilinguismo. Molto, troppo? Soprattutto lentamente. «C’è un’inadeguatezza incontestabile tra la realtà sociale di Bruxelles e il mercato del lavoro e le politiche che lo regolano!», ammette chiaramente un consulente di Actiris. La logica (Elisa Gallo)bi-comunitaria che prevale è ancora in opposizione alla logica internazionale ed europea della realtà urbana e del tessuto economico. Nell’attesa, nascono progetti in materia d’istruzione e formazione. Uno di questi è il “buono lingua” di Actiris, accessibile a tutti i disoccupati. Va da sé che il fiammingo è il corso più seguito. In cerca di lavoro da un anno, Justine ne approfitta appieno per non precludersi alcuna chance: «Il mercato del lavoro fiammingo è molto più ricco e molto più attivo di quello francofono, soprattutto al livello culturale: Bozar o ancora il Kunstenfestival ne sono esempi eclatanti. » Ma anche lingue ufficiali della sua città. È un’impresa fiamminga, Dille et Kamille, che finanzia i corsi di olandese di Maïté. Un’ottima opportunità. Per essere assunta, ha dovuto mentire sul suo livello di fiammingo e studiare ogni sera per destreggiarsi nel suo lavoretto da venditrice. Oggi, si rende conto che per il suo posto, «serve appena qualche parola, è quasi solo il gesto che conta, il fatto di non utilizzare sistematicamente il francese». Visto che più del 95% della popolazione di Bruxelles parla francese correntemente, contro soltanto il 28% di fiammingo… Il problema riguarda dunque più la comunità e l’identità che non propriamente la lingua.

Bruxelles non è l’Europa

Dove è andata a finire l’influenza dell’Europa? «Non c’è nessuna interazione tra la città e l’Europa», lamenta un consulente di Actiris. «Che sia al livello urbanistico, o del mercato del lavoro. Le istituzioni europee, che pongono l’accento sulla difesa del multiculturalismo, si occupano di assunzioni per la propria rete, e non incoraggiano così lo sviluppo del multilinguismo sul mercato del lavoro di Bruxelles».

«Bruxelles e l’Europa sono due mondi a parte», afferma allo stesso modo Justine. «Quest’immagine dei giovani europei che si ritrovano il venerdì sera in Place du Luxembourg davanti al Parlamento europeo, che sorseggiano i bicchieri in una cacofonia di lingue, è tutto tranne Bruxelles! La gente di Bruxelles non arriva mai laggiù, e quest’immagine multilingue è completamente artificiale». Una sorta di bolla nella città con i suoi punti di riferimento, le reti di offerte di lavoro, i luoghi di svago. Per il momento, Bruxelles sembra troppo anchilosata dalle divergenze comunitarie e dal suo tradizionale bilinguismo per sostenere le molteplici voci dell’Europa. Per i giovani europei che cercano un lavoro a Bruxelles, pare sia quindi più facile rivolgersi alle istituzioni europee e alle imprese che operano nella sfera internazionale. A meno che non si decida di diventare un vero cittadino di Bruxelles e di aggiungere una lingua al proprio portafoglio: il fiammingo.

Story by

Translated from A Bruxelles, un statut linguistique à part