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BookPride 2015: la Milano fieramente indipendente

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Milano

Si è chiusa da poco la prima fiera nazionale dell’editoria indipendente a Milano. Noi di Cafébabel c'eravamo.

Dal 27 al 29 marzo i Frigoriferi Milanesi, un vecchio complesso industriale ristrutturato, hanno ospitato centoventiquattro editori per la prima fiera nazionale dell’editoria indipendente, sconvolgendo il ritmo liberty della zona.

Il BookPride è stata un’occasione per riflettere sul tema dell’indipendenza culturale e sul suo futuro. Per la bibliodiversità il momento è critico, ora che il panorama sembra soffrire di una grave omologazione strutturale.

Non per niente per ospitare un evento del genere si è scelta Milano, capitale italiana del libro del 2015, che registra solo sul suo territorio oltre un terzo delle vendite editoriali nazionali. Ventimila visitatori per ventimila libri venduti. Un bilancio che è andato oltre ogni aspettativa anche per gli organizzatori. Ma nonostante gli editori indipendenti costituiscano insieme il 30% del fatturato annuo, a BookPride non si è parlato di numeri.

Sono stati tre giorni di frenesia lenta e rilassata, passati girando tra i diversi stand, parlando con gli editori delle loro scelte editoriali, di copertine rigide e dimensioni tascabili. Ci si trovava in piedi a discutere della guerra partigiana e della visione di Goethe sull’arte, per poi finire ad ammirare le tavole dei fumetti e i libri per bambini. Verso metà pomeriggio ci si ritrovava tutti nel piccolo spazio ristoro, un’enoteca autogestita da vignaioli italiani indipendenti - per non lasciare nulla al caso - o in zona relax, dove tra un intervista e un tavolo discussioni, si trovava sempre il tempo per un caffè. O per ascoltare una banda improvvisata.

E poi di nuovo nella mischia. A sgomitare tra la folla, prendere appunti ad incontri di presentazione, e correre a leggere i titoli più strani per trovare quello giusto. Quello che non c’è da nessun’altra parte. Troppo raffinato o troppo sconosciuto. Sostanzialmente indipendente, ma con impresso l’orgoglio di chi riesce, anche nelle difficoltà, a creare un piccolo oggetto d’arte.

Come le Edizioni Henry Beyle. Un omaggio a Stendhal per il nome e un gusto raffinato e ricercato per le pubblicazioni, così che ti ritrovi in mano un piccolo capolavoro cucito a mano. Sono opere di scrittori defunti, per la maggior parte, che parlano della loro arte, la parola, e del mondo che ci sta intorno: quello dell’editore, sì, ma anche quello della macchina da scrivere e dei diritti d’autore, quello della scrivania e dei bibliofili. Scritti inediti e sconosciuti, a volte dimenticati.

E dimenticate lo sono anche le autrici della casa editrice Astoria. Copertine rosso ciliegia che avvolgono fotografie circolari, da cui fanno capolino lunghe gambe fasciate in calze di seta e sguardi accigliati sotto una pesante mano di rimmel. Cappellini anni venti e languidi abbracci in immagini in bianco e nero. Sono tutte scrittrici straniere, per lo più anglosassoni, molto conosciute in patria, ma completamente ignorate in Italia. Sono scritti duri, non sentimentali, che riescono a mantenere la malinconia tipica delle donne troppo sincere con se stesse, salvate da una punta di sagace ironia.

Dopo questa prima fiera del libro indipendente, anche noi siamo tornati a casa con le buste stracariche di libri. Tra tutti, uno in particolare che vi racconteremo. Un omaggio a Milano e al nostro amore incostante.