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Berlino, dentro alla Tacheles sotto assedio. Intervista a Alexander Rodin

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È una persona riservata, timida Alexander Rodin, come forse ci si può attendere da un artista di origini bielorusse, ma non difficile da contattare.

In una fredda mattinata di marzo berlinese, uno di quei giorni in cui non si esce senza sentir salire per la schiena il brivido del vento dell'est, io e la fotografa Anja Gruber ci diamo appuntamento nel luogo che lo ospita da oltre un decennio nei suoi soggiorni tedeschi, l'accademia d'arte, la casa occupata più famosa di Berlino, il Tacheles.

Sono giorni concitati e intensi per gli artisti con l'atelier nel Tacheles. Non ci meraviglia il silenzio dell'indaffaratissima associazione alla nostra richiesta di intervista, così proviamo semplicemente a recarci presso l'atelier del quinto piano. Notiamo in una scala mal riscaldata da una stufetta una tela di dimensioni notevoli, appena abbozzata. Dalla bocca della mia accompagnatrice esce un solo sorridente commento: “bene, ha ripreso a dipingere...”.

Dopo dieci minuti da una delle lunghe scalinate compare un uomo con una tuta da lavoro scura, imbottito e incappucciato per proteggersi dal freddo Sembra esitare un momento, poi si toglie il cappuccio e fa per recarsi oltre: è Alexander Rodin. Quando lo riconosciamo e gli porgiamo la mano per un saluto, sembra spaventato. Gli sorridiamo e io mi presento tenendomi a una certa distanza per rassicurarlo. Alla fine allunga la mano ruvida e in poche parole in inglese acconsente all'intervista per il giorno dopo, alla stessa ora. Ci guarda con sospetto quando ci allontaniamo.

Non è una sorpresa. Da oltre due anni va avanti il braccio di ferro tra l'associazione di artisti e i proprietari dell'edificio sotto l'arbitrato della politica locale. Gli ultimi mesi sono tuttavia precipitati in una serie di violenze che hanno segnato una nuova fase rispetto alla situazione di stallo precedente.

Il giorno dopo Rodin ha cambiato espressione: sorride, ci chiede se ci serve qualcosa, sistema un paio di sedie che usa per appoggiare colori e pennelli (normalmente dipinge stando in piedi). Sembra un’altra persona, l'eccentrico artista sessantaquattrenne, senza paura né sospetto. Gli chiedo subito cosa sia successo al suo atelier.

Tacheles: artists vs capitalism sul blog di Berlino

Tutto è accaduto molto presto al mattino, verso le otto. Era il 7 di dicembre. A quell'ora normalmente dipingo. Sento bussare, ma non volevo essere disturbato a quell'ora del mattino, quindi continuo a dipingere. Dopo cinque minuti succede il putiferio. Vedo degli uomini sfondare la porta, circa una ventina, e mi circondano. Altri venti erano sul pianerottolo e sparsi un poco ovunque per l'edificio. L'avvocato Schwemer (Holger Schwemer, dello Studio Schwemer, Titz & Tötter di Amburgo) mi sventola in faccia un documento dicendo che è una decisione del tribunale e mi fa sbattere fuori con violenza dai suoi uomini, chiudendo la porta. L'intero quinto piano ora è chiuso, hanno cambiato le serrature e non si può accedere. Il giorno dopo parlo con moltissimi giornalisti e questi mi assicurano che l'avvocato ha mostrato un documento falso, e nessuna corte ha deciso lo sgombero del Tacheles”.

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Una porta divelta, minacce, l'edificio invaso da un corpo di sicurezza privato, opere di proprietà privata requisite o danneggiate. Un fatto sorprendente e violento come mai era accaduto dai tempi della seconda guerra mondiale, quando il Tacheles era usato dalle SS. L'artista timido e normalmente taciturno parla a briglia sciolta di ciò che ha vissuto, a volte guarda verso il basso, tiene costantemente una mano davanti al viso, quasi a proteggersi, per timidezza. Ma è forte della sua verità. Ci racconta che una banca di Amburgo, la HSH Nordbank vuole fare dell'edificio un nuovo centro commerciale, ma che da ventidue anni quella è la residenza di decine e decine di artisti, di studenti, corsi di formazione e di manifestazioni culturali, e che si dovrebbe aspettare la decisione del Senato locale.

In Bielorussia vige un regime autoritario e senza democrazia, dopo le elezioni molti dei miei colleghi, artisti, scrittori, hanno vissuto l'esperienza della prigionia. Qui sono sempre stato libero di esprimermi”. Ma ora qualcosa sembra cambiare perfino nella Berlino di oggi, libera e riunificata. La logica del denaro, degli affari e del potere di avvocati e banchieri.

Il processo di “gentrificazione” che da anni colpisce molte capitali europee, stravolgendone l'identità in favore di logiche speculative e di guadagno, vede al centro di queste strategie proprio gli artisti, che rianimano quartieri fatiscenti e ne fanno luoghi attrattivi e alla moda, per poi venirne cacciati dalla speculazione edilizia. Quando un distretto diventa improvvisamente più appetibile, si abbatte tutto ciò che è preesistente facendo levitare i prezzi e abitandolo solo con chi può permetterselo. Se capitali storiche e sopravvissute alla guerra come Madrid, Parigi o Roma risentono di questo processo, i centri storici restano tuttavia protetti dalle istituzioni. Ma a Berlino, dove tutto è relativamente nuovo, l'effetto di queste politiche è particolarmente forte. Il basso costo della vita e degli affitti, che hanno visto la città ripopolarsi e mantenere la propria crescita economica nonostante la crisi del 2008, ora aumentano di anno in anno a ritmo serrato.

Ben 175.000 sono le firme già raccolte e consegnate al Burgermeister, Klaus Wowereit. La gente scende in strada o usa internet per diffondere notizie e per dare la propria opinione, si pone tra le forze dell'ordine e gli avvocati con le loro bodyguards per difendere il vecchio teatro a Pankow, la storica casa occupata "Schokoladen" di Prenzlauerberg o per protestare a Kreuzberg contro gli interventi del BMW-Guggenheim Lab sulla Spree. Il Tacheles sta insegnando a noi tutti qualcosa di nuovo.

Alla fine delle nostre domande, e della piacevole conversazione, Alexander Rodin osserva le sue foto, ringrazia senza più la mano davanti al viso e sorride.

Foto di copertina: © Nicola Zolin; testo: © Anja Gruber. Rodin "victim of banks": cortesia di © Petrov Ahner (http://petrovahner.net/).