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"Ba Lan": 11 scatti per vedere la Polonia con gli occhi del Vietnam

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Fe Pas

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In vietnamita "Ba Lan" significa “Polonia”. In questo progetto fotografico, Zula Rabikowska ha lavorato con diversi membri della comunità vietnamita in Polonia per capire meglio che cosa significhi, per loro, sentirsi a casa in un Paese quasi "mono-etnico".

I primi immigrati vietnamiti arrivarono in Polonia negli anni '50 del secolo scorso. Nella maggior parte dei casi si trattava di studenti che giungevano nel Paese europeo grazie a programmi di scambio. A quei tempi, infatti, nel quadro della contrapposizione fra blocco occidentale e comunista, il Vietnam favoriva i rapporti con le nazioni all'interno dell'orbita sovietica, offrendo la possibilità agli studenti meritevoli di studiare altrove.

Oggi, con una popolazione stimata tra le 50mila e le 80mila persone, la comunità polacco-vietnamita è la più grande tra quelle non-europee presenti nel Paese. Eppure, ha subito - e subisce ancora - discriminazioni e atti di razzismo.

In Polonia, come altrove, il clima politico contemporaneo vede il proliferare di messaggi che invitano gli stranieri a "tornare a casa" o alla costruzione di "muri di protezione" dal prossimo, dall'altro. Allo stesso tempo, i traumi che vivono le persone migranti - il mancato riconoscimento dell’identità e della cultura di queste ultime - vengono raramente compresi dal resto della popolazione. È una dinamica che crea conflitto e sospetto, influenzando negativamente la società nel suo complesso.

La Polonia ha una storia complessa, fatta anche di approcci estremi nei confronti delle minoranze. Dal 2015 il Paese è governato dal partito politico Prawo i Sprawiedliwość ("Legge e Giustizia", nda.), una formazione politica conservatrice che mette in primo piano i valori del cristianeismo e, allo stesso tempo, una retorica e politica anti-immigrazione. In un contesto del genere, la mera esistenza della comunità polacco-vietnamita viene ingorata dai media, come anche nel mondo dell’arte e della cultura. Al contrario, slogan quali "Gli immigrati di oggi sono i terroristi di domani" si fanno largo nel dibattito pubblico.

In questo progetto fotografico, Zula Rabikowska ha lavorato con diversi membri della comunità vietnamita per capire meglio che cosa significhi, per loro, sentirsi a casa in un Paese quasi "mono-etnico".

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Mi © Zula Rabikowska

Mi è nata a Varsavia, ma all’età di 11 anni è tornata a vivere in Vietnam con la famiglia*. Parlando della Polonia confessa che «è stata un’esperienza terribile. Avevo la percezione di essere giudicata in continuazione ed essere fuori luogo». Durante la nostra chiacchierata su cosa significhi sentirsi a casa mi ha raccontato una storia: un giorno l’ascensore della sua palazzina si è bloccato e qualcuno vi ha apposto la scritta "CHINCZYK", una parola dai connotati offensivi che denota una persona cinese.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Lan © Zula Rabikowska

Lan è una designer freelance nata in Polonia, ma si sente soprattutto "di Varsavia". Mi ha spiegato che in passato faceva attenzione al modo in cui le persone la guardavano mentre camminava per strada. Oggi prova a vedere la curiosità dei polacchi come qualcosa di positivo.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Giang © Zula Rabikowska

«Ho conosciuto la cultura nazionale di questo Paese grazie alla scuola e non mi sembra di conoscerla tanto quanto vorrei. Quando ero più piccolo, gli altri bambini mi prendevano in giro: dicevano che ero cinese e facevano commenti sgradevoli. Non so dove mi piacerebbe vivere in futuro, ma la Polonia è casa mia», dice Giang, 22 anni, nato a Varsavia.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Ola © Zula Rabikowska

Ola è arrivata in Polonia con la sua famiglia quando era una bambina ed è andata a scuola a Varsavia. Nel 2018 ha vinto il concorso televisivo MasterChef. Dice di essere polacca e vietnamita allo stesso tempo. Usa il nome “Ola” perché l’aiuta a sentirsi parte della società.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Kim © Zula Rabikowska

«Vieni dipinto come un mafioso o come un mercante dei bazaar vicino al vecchio stadio - un grande spazio di commercio degli anni '90. Gli artisti e i performer non sono rappresentati. La società polacca non ci permette di essere visti al di là degli stereotipi che ha creato», dice Kim, una drag queen. Kim è per metà coreano e per metà vietnamita, ma la sua vita è qui in Polonia. Nel Paese ci sono soltanto una trentina di drag queen.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Ton Van Anh © Zula Rabikowska

Ton Van Anh è un’attivista, una traduttrice e un’insegnante. Nelle scuole ricopre anche il ruolo di figura di sostegno: aiuta i bambini vietnamiti ad imparare il polacco. Viceversa, Ton insegna anche il vietnamita. Ma in nel Paese asiatico di origine non si sente sicura. E infatti non vi è più tornata da quando ha finito la scuola.

Immigrati vietnamiti in Polonia  (cc) Zula Rabikowska
Bartek © Zula Rabikowska

I genitori di Barteksi sono conosciuti in Polonia. Lui è cresciuto qui e si considera più polacco che vietnamita. Quando da piccolo ha visitato il Vietnam si è sentito un estraneo: «Ero consapevole delle mie carenze linguistiche e di quanto i miei vestiti fossero diversi da quelli di chi mi circondava. Neanche crescere qui è stato facile però, visto che il razzismo è la norma in un Paese mono-etnico. La gente mi guarda e mi confina nella “scatola” asiatica». Bartek è fidanzato con una ragazza polacca. Dice che il suo matrimonio sarà caratterizzato soprattutto da elementi della tradizione nazionale.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Tram Anh © Zula Rabikowska

Tram Anh si sente polacca e non ha molti amici vietnamiti. Anche il suo ragazzo è autoctono. A volte, per lei, è difficile vivere in Polonia: «Le persone mi fissano in modo strano, ma subisco lo stesso quando torno in Vietnam. Non sembro né polacca, né vietnamita».

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Nguyen Thanh Son © Zula Rabikowska

Nguyen Tanh Son ha una moglie del posto. Anche i suoi figli sono nati qui e a casa parlano correntemente la lingua nazionale. Si sente molto più vicino alla Polonia che al Vietnam e vede il suo futuro nel Paese.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Hien (Hieniek) © Zula Rabikowska

Hien (Hieniek) non si sente né vietnamita né polacco, bensì un’anima creativa. È nato in Polonia, ma è stato cresciuto in una famiglia legata alle origini del Paese di origine. Dice che è stato costretto a frequentare la scuola vietnamita a Varsavia.

Immigrati vietnamiti in Polonia (cc) Zula Rabikowska
Ha (Hannah or Jade) © Zula Rabikowska

Ha (Hannah or Jade) ha tredici anni e abita in Polonia da due anni. Hanna è il nome che ha scelto qui, ma le piace quando le persone la chiamano Jade. Preferisce parlare inglese invece che polacco o vietnamita e si sente come una "sfollata", dal momento che la sua famiglia sta ancora cercando di integrarsi nella società.


Questo progetto fotografico è stato esposto a Londra nella settimana del 13 di novembre scorso. Per maggiori dettagli e informazioni.

Cover picture : © Zula Rabikowska

Story by

Zula Rabikowska

Zula Rabikowska is a Polish-British documentary photographer based in London. Zula was born in Poland, grew up in the UK and worked in France, China, South Africa, India, Palestine and the Caribbean. Her practice is influenced by her own experience of immigration and in her work she explores the themes of national identity, displacement and belonging. She is interested in the ways in which written and vernacular narratives interact with images and uses vernacular photography in her work. Zula also works as freelance photographer and as a photojournalist for SOPA Images in Hong Kong.

Translated from Ba Lan: The Vietnamese version of Poland