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Alok Jha: odissea in Antartide

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Translation by:

Piera Fiammenghi

società

La vi­gi­lia di Na­ta­le del 2013, una nave russa è ri­ma­sta bloc­ca­ta per 9 gior­ni tra i ghiac­ci dell'An­tar­ti­de. Cafeba­bel ha in­ter­vi­sta­to Alok Jha, mem­bro del­l'e­qui­pag­gio e in­via­to del noto quo­ti­dia­no in­gle­se The Guar­dian. Ci ha sve­la­to i re­tro­sce­na della spe­di­zio­ne e i suoi pro­get­ti fu­tu­ri.

Ca­fé­ba­bel (Cb): Cosa l'ha spin­ta a im­bar­car­si nella spe­di­zio­ne?

Alok Jha: ­Alcuni scien­zia­ti della Uni­ver­sity of New South Wales in Aus­tralia sta­va­no or­ga­niz­zan­do que­sta spe­di­zio­ne a di­stan­za di 100 anni da quel­la in­tra­pre­sa da Dou­glas Maw­son, uno dei primi esplo­ra­to­ri del­l'An­tar­ti­de. Ho pen­sa­to che fosse una buona oc­ca­sio­ne per 2 mo­ti­vi: prima di tutto per­ché è un posto me­ra­vi­glio­so che non tutti hanno il pri­vi­le­gio di vi­si­ta­re; in se­con­do luogo, è una meta che de­si­de­ra­vo rag­giun­ge­re da una vita.

Cb: Cosa stava fa­cen­do poco prima che la nave si in­ca­glias­se? 

Alok Jha: Ero con il mio col­le­ga Lau­rence To­pham, anche lui cro­ni­sta. Sta­va­mo scat­tan­do foto e fa­cen­do ri­pre­se. 

Cb: Come avete rea­gi­to quan­do vi siete ac­cor­ti di es­se­re ri­ma­sti bloc­ca­ti?

Alok Jha: Ci siamo sve­glia­ti una mat­ti­na e ci siamo resi conto di es­se­re fermi. Al­cu­ni erano agi­ta­ti, altri hanno man­te­nu­to il con­trol­lo della si­tua­zio­ne. L'at­mo­sfe­ra era cao­ti­ca, ma è un po' quel­lo che ac­ca­de anche nella vita di tutti i gior­ni. One­sta­men­te par­lan­do, era­va­mo in un posto ma­gni­fi­co e io e Lau­rence era­va­mo trop­po in­daf­fa­ra­ti per la­sciar­ci pren­de­re dal pa­ni­co. 

Cb: In qua­li­tà di re­por­ter, è stato fe­li­ce che la si­tua­zio­ne si sia sbloc­ca­ta?

Alok Jha: Si­cu­ra­men­te credo che non sa­reb­be stato male tor­na­re a casa nei tempi sta­bi­li­ti. Tut­ta­via, aver vis­su­to que­sto in­ci­den­te di per­cor­so è stata un'av­ven­tu­ra esal­tan­te, anche se era­va­mo tutti di­so­rien­ta­ti. Gli im­pre­vi­sti sono la parte più in­te­res­san­te per­ché met­to­no a nudo quei lati delle per­so­ne che al­tri­men­ti non po­trem­mo mai co­no­sce­re. 

Nel do­cu­men­ta­rio e nel dia­rio che ab­bia­mo scrit­to, ab­bia­mo cer­ca­to di rac­con­ta­re senza mezzi ter­mi­ni cosa è ac­ca­du­to. Ab­bia­mo rac­col­to i punti di vista di tutto l'e­qui­pag­gio per­ché se aves­si­mo fatto rac­con­ta­re la sto­ria a una sola per­so­na il ri­sul­ta­to non sa­reb­be stato ve­ri­tie­ro. L'ob­iet­ti­vo di  un re­por­ter non è di in­gi­gan­ti­re o smi­nui­re gli even­ti, ma di es­se­re uno spec­chio fe­de­le della real­tà. 

Cb: Al­cu­ni ri­cer­ca­to­ri hanno cri­ti­ca­to il fatto che la spe­di­zio­ne è stata fatta pas­sa­re per una gita tu­ri­sti­ca che ha in­flui­to gra­ve­men­te sulla ri­cer­ca scien­ti­fi­ca in corso nella re­gio­ne. Qua­le è il suo pen­sie­ro?

Alok Jha: La spe­di­zio­ne si è ov­via­men­te in­ter­rot­ta e siamo stati trat­ti in salvo dalle navi rom­pi­ghiac­cio ci­ne­siaus­traliane e fran­ce­si. È dura rag­giun­ge­re l'An­tar­ti­de e ogni ri­tar­do sulla ta­bel­la di mar­cia avreb­be po­tu­to cau­sa­re un qual­che danno. È fon­da­men­ta­le por­ta­re avan­ti la ri­cer­ca in An­tar­ti­de ed è que­sto, in parte, il mo­ti­vo per cui ci tro­va­va­mo là.

L'An­tar­ti­de non ap­par­tie­ne a nes­su­no, nem­me­no agli scien­zia­ti. Tutti hanno il di­rit­to di rag­giun­ge­re que­sta terra per­ciò gli stu­dio­si non do­vreb­be­ro pre­oc­cu­par­si più di tanto. A volte ho l'im­pres­sio­ne che scien­zia­ti e or­ga­niz­za­zio­ni scien­ti­fi­che ab­bia­no un at­teg­gia­men­to ar­ro­gan­te: se non hai a che fare con la scien­za, non vali nien­te. La scien­za è un im­por­tan­te eser­ci­zio men­ta­le ma c'è tutto un mondo die­tro che nes­su­no co­no­sce, nem­me­no gli stu­dio­si.

C­b: 'T­wit­ta­re' e scri­ve­re in tempo reale dal Polo Sud non deve es­se­re stato sem­pli­ce...

Alok Jha: Ave­va­mo una con­nes­sio­ne sa­tel­li­ta­re a banda larga, ma era molto lenta. Ri­ma­ne­va­mo con­nes­si per circa mez­z'o­ra al gior­no, in­via­va­mo molti 't­wee­t' e im­ma­gi­ni. Pro­va­va­mo a fare la stes­sa cosa ogni gior­no, ma quan­do c'era il mal­tem­po o ti­ra­va vento la si­tua­zio­ne era dif­fi­ci­le. I com­pu­ter non fun­zio­na­va­no per­ché erano trop­po fred­di o non ri­le­va­va­no la bat­te­ria. Pa­ra­dos­sal­men­te, quan­do siamo ri­ma­sti in­ca­glia­ti, la con­nes­sio­ne an­da­va be­nis­si­mo per­ché era­va­mo fermi.

Cb: Ha fatto una spe­di­zio­ne in An­tar­ti­de, ha vo­la­to in as­sen­za di gra­vi­tà a bordo di un aereo del­l'A­gen­zia Spa­zia­le Eu­ro­pea, ha se­quen­zia­to il suo ge­no­ma, ha fatto da cavia per te­sta­re gli ef­fet­ti della dieta At­kins (dieta a basso te­no­re di car­boi­dra­ti, ndr.), si è unito a una spe­di­zio­ne di bo­ta­ni­ci sulle mon­ta­gne del Li­ba­no. Che pro­gram­mi ha per il week­end?

Alok Jha: In ve­ri­tà, non amo l'av­ven­tu­ra tanto quan­to sem­bra! La spe­di­zio­ne in An­tar­ti­de è stata l'e­spe­rien­za più av­ven­tu­ro­sa che io abbia mai fatto, sem­pre che si possa de­fi­ni­re tale. Qual­sia­si mio col­le­ga o amico af­fer­ma che sono una per­so­na che non ama par­ti­co­lar­men­te par­ti­re e fare a meno della con­nes­sio­ne wi-fi o del caffè. Che pro­gram­mi ho per do­ma­ni? Pro­ba­bil­men­te andrò in bi­blio­te­ca a la­vo­ra­re al mio pros­si­mo libro...

Cb: Può sve­lar­ci qual­co­sa sul suo pros­si­mo libro?

Alok Jha: Par­le­rà dell'"acqua" come "og­get­to cul­tu­ra­le" e di come l'uo­mo abbia crea­to l'i­dea della sua esi­sten­za. È ovvio che chi­mi­ca­men­te par­lan­do è molto im­por­tan­te visto che è al­l'o­ri­gi­ne della vita. Vo­glio far ca­pi­re che gioca un ruolo im­por­tan­te nella so­cie­tà e nella mi­to­lo­gia. 

Cb: Sul retro della co­per­ti­na del suo primo libro c'è scrit­to: “Sco­pri­rò come fun­zio­na il man­tel­lo del­l'in­vi­si­bi­li­tà di Harry Pot­ter”. Non le na­scon­do che la cosa mi in­cu­rio­si­sce...

Alok Jha: Ho scrit­to il libro qual­che anno fa. È un in­sie­me di saggi su 35 ar­go­men­ti scien­ti­fi­ci che ri­te­ne­vo in­te­res­san­ti e che ho pre­sen­ta­to in modo da es­se­re com­pren­si­bi­li al vasto pub­bli­co. Uno dei ca­pi­to­li af­fron­ta­va il tema del­l'in­vi­si­bi­li­tà. Tutti co­no­scia­mo il man­tel­lo del­l'in­vi­si­bi­li­tà di Harry Pot­ter, ma non so come fun­zio­na­va per­ché quel­la era magia. Nel libro parlo di ‘meta­ma­te­r­iale’ e di 'na­no­tec­no­lo­gia'. Il me­ta­ma­te­ria­le ha una su­per­fi­cie sot­ti­le che ri­flet­te la luce cir­co­stan­te. Se lo metti tra te e un og­get­to, la luce s'in­fran­ge nei tuoi occhi, viene de­via­ta e l'og­get­to scom­pa­re dalla tua vista. Al­cu­ni stan­no già uti­liz­zan­do me­ta­ma­te­ria­li per ri­ve­sti­re aerei da cac­cia in modo che i radar rim­bal­za­no sulla loro su­per­fi­cie e di­ven­ta­no in­vi­si­bi­li. Si ar­ri­ve­rà anche a ren­de­re in­vi­si­bi­le la luce stes­sa. Se ora mi ri­coprissi di me­ta­ma­te­ria­le, scom­pa­ri­rei dalla vo­stra vista.

Cb: Ha in­ten­zio­ne di tor­na­re su una nave in fu­tu­ro?

Alok Jha: Se qual­cu­no mi pro­po­nes­se una cro­cie­ra e non aves­si nien­te di me­glio da fare, ac­cet­te­rei! Per­ché ri­fiu­ta­re? Una meta in­te­res­san­te, ma­ga­ri calda, dove po­ter­mi ri­las­sare. Ho bi­so­gno di stac­ca­re un po' la spina!

Translated from INTERVIEW: Alok Jha Trapped in Antarctica