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Al confine tra Polonia e Bielorussia l’Ue è un ostacolo

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Default profile picture maria cristina motta

Terespol, sul confine orientale polacco, è terra di contrabbando, prostituzione e violenza. Dopo l’ingresso della Polonia nell’area Schengen, il traffico verso la Bielorussia si è ridotto della metà. Quando l’Europa non è ancora un’opportunità.

È l’una di notte. Sul ponte sul Bug, il fiume che scorre in Ucrania, Bielorussia e Polonia, arriva un treno da Brest. Qualcuno sporge la testa dal finestrino aperto del primo vagone. È il capotreno, d’accordo con i polacchi. Ha comprato dei pacchetti di sigarette in Bielorussia e ora li getta rapidamente dal treno. La merce atterra nel fogliame. Non passa un minuto, ed ecco che dai cespugli emergono cinque persone. Afferrano i pacchetti e se la danno a gambe levate. Questa notte il lancio è stato fortunato. I polacchi si sono guadagnati” il pane, e il mito “dell’ermetico confine orientale” dell’Ue è crollato ancora una volta.

Ora è più difficile comprare i doganieri

Mi trovo sullo stretto marciapiede di Terespol, cittadina orientale della Polonia. Qualche chilometro ad est ed è Bielorussia. Sul fondo di un triste edificio si distingue il nuovo cartello con la bandiera polacca e le stelle dell’Ue. Il silenzio del sabato mattina è interrotto soltanto dal fischio del treno partito da Brest e dall’abbaiare di un bastardino senza padrone. Mi chiedo come si vive qui. Dopo pochi passi mi superano delle vecchiette con delle grosse borse. «Vuole vodka? Sigarette?», chiedono. Si guardano continuamente indietro, forse la polizia le sta seguendo. Deluse per il fatto che non fumo e bevo poco, mi vendono mezzo litro di vodka con un’etichetta piena di incomprensibili scritte in russo. Non ci hanno guadagnato molto. «Benvenuti nell’Unione Europea», penso.

«La gente qui va in malora ogni giorno di più. Nel mio albergo in tre mesi hanno pernottato solo dieci persone. Prima era difficile trovare un posto libero», dice amareggiato Dawid, proprietario di un hotel a Terespol. Dopo l’ingresso della Polonia nell’area Schengen, il traffico verso la Bielorussia si è ridotto della metà: lo dicono le statistiche della Polizia di Frontiera del Voivodato di Biała Podlaska (una sorta di distretto, ndr). La città, un tempo pulsante di vita, si sta trasformando in un buco dimenticato. Soltanto il contrabbando di vodka, sigarette e benzina persiste. «È come prima, soltanto che i prezzi sono aumentati, perché è più difficile comprare i doganieri», dicono i contrabbandieri. «Sciocchezze!», nega il sottocommissario Cezary Grochowski, portavoce del Commissariato di Polizia. «I colleghi di frontiera sono sul punto di liquidare per sempre il contrabbando», assicura. «Qualche anno fa praticamente tutti i giorni fermavamo un’auto strapiena di merci da contrabbando, adesso ci stupiamo quando ne troviamo una al mese». 

Prostituzione e violenza

Il contrabbando è solo una parte degli interessi. Sul confine si guadagna anche sulle prostitute bielorusse e sul commercio illegale di caviale. Quando c’era ancora traffico al confine, si formavano code per entrare a Terespol. Quando finalmente si arrivava, bisognava aspettare anche quindici ore. Allora bastava porgere dal finestrino dei soldi alla persona giusta e si passava subito a primi della fila. Cosa restava da fare agli autisti? «Qualche anno fa un tipo si oppose, e allora in pieno giorno gli cosparsero il camion di benzina e glielo incendiarono», ricorda Łukasz. «E la polizia? Come reagisce?», chiedo, suscitando sul suo viso un riso sarcastico. «Ad un contrabbandiere hanno impiccato il fratello in casa. Andava per cespugli, prendeva merce non sua. Due mesi dopo hanno tagliato la gola ad un altro. Corrono voci che se la spassasse con le puttane russe, hanno litigato e loro l’hanno detto ai “russi”», racconta Łukasz con naturalezza, come se stesse parlando del tempo.

Gli anni poveri sulla Cortina orientale sono iniziati molto prima dell’entrata della Polonia nell’area Schengen, quando i bielorussi hanno messo l’embargo sulla carne polacca. Fino al 21 dicembre 2007 il commercio con la Bielorussia era ancora fiorente. Qui i vecchi accordi non valgono più, e le nuove possibilità appaiono lontane. Non stupisce che gli abitanti si attengano strettamente all’antico ordine. «Un mio amico era uno dei più grandi imprenditori. Aveva un’industria di carni, un negozio, alcuni tir, dava lavoro ad un centinaio di persone», dice Dawid. «Negli ultimi mesi ha praticamente perso tutto». Ce ne sono tanti come lui qui. Per loro Schengen è un peso. E tutto perché il visto Schengen costa ai Bielorussi fino a 60 euro, e questo è un terzo dello stipendio medio mensile. «Quando ai Bielorussi finiranno i visti, allora sì, scomparirà metà dei negozi della città. Ci sarà un buco tale, che ci passerà una testa senza problema», dice Paweł, abitante di Terespol.

Le persone non credono alle promesse dei politici, né locali, né di Bruxelles. E nello stesso tempo verso le loro regioni scorre un fiume di fondi comunitari. Entro la fine del 2015, la Polonia può spendere i 67 miliardi di euro dei fondi strutturali ad essa assegnati. Il Governo ha suddiviso il denaro tra tutti i distretti. Tale processo non avviene però da un giorno all’altro. Serve una pazienza che non tutti si possono permettere. Passeranno alcuni anni e le persone si dovranno disabituare. I pacchetti smetteranno di atterrare nei cespugli, i ragazzi di Terespol andranno a studiare e i più vecchi a lavorare onestamente. I fondi europei attirano sulla Polonia orientale volontà di profitto e quindi posti di lavoro. «Ma ti senti un cittadino dell’Unione europea?», chiedo speranzoso a Paweł. «No. Quelli vivono lì, non sanno cosa succede qui. Siamo cent’anni indietro rispetto all’Africa», dice salutandomi.

Questo arricolo è il vincitore per la Polonia degli European Young Journalist  2008.

Translated from Tu na Schengen nie czekali