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A difesa della Costituzione

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Roma

Il 12 marzo 2011 le piazze italiane si sono riempite di gente per manifestare a difesa della Costituzione italiana. La cronaca appassionata di una redattrice di Cafebabel Roma da Piazza del Popolo. testo e foto di Marta Vigneri Articolo 4: LAVORO E PROGRESSO Articolo 9: CULTURA Articolo 21: LIBERTA' DI MANIFESTARE IL PENSIERO Articolo 33: ARTE E SCIENZA.

Articolo 34: SCUOLA PUBBLICA

E' viva la costituzione! Vive tra le righe dei suoi articoli. E' viva l'Italia! Vive nella tradizione che è cultura. Nella cultura delle arti, delle scienze, della storia. Nella storia che si studia a scuola. Nella scuola che si dichiara aperta a tutti, pubblica, libera. Nella scuola che è democrazia.

Sembrano essere tutti sinonimi, questi, sul palco di sabtao 12 marzo a Piazza del Popolo. Non perchè una parola valga l'altra, ma perchè tutte queste parole, insieme, esprimono la forza di un Popolo che è stato ed è molto più di quello a cui viene ufficialmente ridotto oggi. E per questo, visto che le storie di oggi sono ignobili e indegne, sono quelle del passato e dell'arte che fanno rivivere la Costituzione.

Ascanio Celestini parte dalla Primavera dei Popoli, dal 1848, l'anno delle grandi rivolte. Ricorda le prime, siciliane, e poi quelle parigine, toscane, ungheresi. Ricorda le Cinque Giornate di Milano e gli altri moti risorgimentali che portarono alla Costituzione della Repubblica Romana. Durata solo cinque mesi (9 febbraio / 4 luglio 1849), fu un banco di prova di nuove idee democratiche che sarebbero diventate realtà in Europa solo un secolo dopo: suffragio universale maschile, abolizione della pena di morte, libertà di culto, pubblica istruzione. "La Costituzione è la sua storia, non solo il testo! E' il frutto di cento anni di lotte senza le quali non saremmo quello che siamo." E COSA SIAMO?

"Tutto questo era per dire che non siamo un popolo di Bamboccioni, di Frallocconi!" risponde e conclude Ascanio Celestini.

Ma se 150 anni fa eravamo un'avanguardia europea, oggi a Strasburgo gli eurodeputati, insieme alla risoluzione che chiede all'Ungheria di emendare la legge sui media per garantirne una maggiore indipendenza, esprimono preoccupazione per la situazione dell'informazione in Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, Estonia e... Italia. Sì, Italia. "Trova l'intruso!" Ci chiede Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana. "Cosa ci fa un Paese fondatore dell'Unione Europea tra Stati che sono da poco usciti dal Regime Sovietico e lentamente si affacciano alla democrazia?"

Torniamo ancora una volta indietro per far sentire il peso stridente della tradizione. Nel 1860 il decreto legislativo 3725 del regno sabaudo rese pubblica la scuola di un Paese con analfabetismo maschile e femminile pari all'80% in media. Lo ricorda Marco Rossi Doria , "maestro di strada" napoletano. Ricorda che durante la Prima Guerra Mondiale i fondi alla scuola pubblica non furono tagliati. Oggi sembra di essere in guerra e mentre vengono tolti 8 miliardi di euro all'istruzione pubblica si finanziano gli enti privati e quell'istruzione che dovrebbe essere senza oneri per lo stato.

Sarà mica l'avverarsi di una profezia? Quella che Piero Calamandrei pronunciava nel 1950?

Ma gli italiani non si arrendono! Non si arrendono gli studenti: "Questo Paese non ci vuole ma noi non ci arrendiamo!" Grida Sofia, studentessa della Sapienza di Roma.

Non si arrendono i messaggeri di informazione: Maria Luisa Busi, che l'anno scorso ha tolto la sua faccia dal telegiornale Rai perchè non riusciva a lavorare senza pregiudizio per le sue convinzioni professionali. E' lei che grida "Basta dire basta! Basta lo gridano le vittime sotto i colpi. Bisogna piuttosto fare delle scelte di dignità e di rispetto nella vita pubblica. Non bisogna avere paura e c'è chi non ha paura. C'è gente che fa scelte etiche e crede nei diritti, che non si svende e non svende ciò in cui crede, che rispetta chi la pensa diversamente. Iniziamo a dire chi siamo, cosa facciamo, difendiamoci, cambiamo, e rendiamo felice questo Paese!"

Non si arrendono i messaggeri di cultura e gli artisti.

Se la cultura è l'identità di un popolo chi governa sembra preferire non un popolo, ma dei sudditi, possibilmente consumatori. E consumatori di quella televisione a basso sforzo cerebrale che tiene cittadini grandi e piccoli in casa, educati da Suo Maestro Lele Mora e da “Uomini e Donne” che, prima di entrare nei perversi salotti del potere, sono innanzitutto i modelli dei programmi di cui i sudditi, e i loro figli, si nutrono.

Chi taglia i finanziamenti alla cultura e alla scuola, sostiduendo ore di studio con ore di tv, dice che "dalla cultura non si mangia", ma intanto la cultura la sta divorando, sicuramente non l'ha mai mangiata e non sa che fa mangiare.. ("E fa anche digerire!", gridano dalla piazza!)

Ma quanto costa non arrendersi e resistere? Quanto costa fare i conti con il passato, con la tradizione, con le responsabilità che ne derivano? Non è più facile rimanere in silenzio perchè si ritiene, nel nostro piccolo, di essere onesti? Credere che qualcun altro debba risolvere i problemi per noi, denigrare la nostra essenza così da non essere chiamati a rispondere del ruolo che rivestiamo nella società?

Non è più comodo, guardare la televisione? 

Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, nel suo appello per la partecipazione alla manifestazione, scrive: "Prima che difesa, la Costituzione va vissuta e praticata. La democrazia è incompatibile con la pigrizia, l'adesione formale, il disinteresse, l'indifferenza. La democrazia chiede a ciascuno di noi di impegnarci quotidianamente perchè la dignità e la libertà di tutte le persone sia rispettata e alimentata. La Costituzione resta la più alta sintesi del linguaggio della democrazia e delle responsabilità che ci affida".

Enrico De Nicola e l'Assemblea Costituente nel 1947 hanno scritto "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". (Articolo 4, secondo comma.)

E' questo il messaggio e il più alto compito che la piazza ci affida e ci fa sentire: vivere e praticare la costituzione come unico modo per difenderla. Proteggere la scuola in quanto tempio di storia, scienza, arte, cultura. Viver e far vivere la cultura in quanto messaggera di tradizione. Far progredire la nostra società anche nello spirito, mantenere in vita la nostra intima essenza, esserne all'altezza. Riaccendere la scintilla nella notte dell'anima.

"Che questa maledetta notte dovrà pur finire", canta Roberto Vecchioni sul palco.

Per dirla con le parole di un Maestro: "Addà passà a nuttàt!"